Reggio Calabria - l'Aspromonte e la strada che non finisce

di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella

Pubblichiamo di seguito un estratto di un articolo a firma di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella uscito lo scorso sabato 30/10/2010 sul Corriere della Sera. In [allegato] trovate l'articolo completo in formato pdf.

"Il sindaco reggino Giuseppe Raffa, che ha sostituito Giuseppe Scopelliti eletto Governatore dopo aver travolto Agazio Loiero, è nei guai. Soffocato da 270 milioni di debiti, 236 decreti in giuntivi e 473 pignoramenti, il Comune rischia il crac. Quanto abbiano pesato le spesucce del predecessore, che arrivò a noleggiare una ventina di «teledivi» della scuderia di Lele Mora perché una sera passeggiassero amabilmente in città («ma lei è Nina Moric! Possiamo fare una foto insieme?»), non si sa. Certo è che ci sono da pagare 10 milioni di bollette Enel scadute. La Acquereggine (depurazione delle acque) avanza 12 milioni. E altri 80 sono vantati dalla Regione per l'acqua potabile. Il tutto mentre l'opposizione sta per lanciare un bel siluro, il caso di una dirigente esterna voluta da Scopelliti al vertice della ragioneria comunale e auto destinataria di compensi astronomici: 567.990 euro 7  soltanto nei primi dieci mesi del 2010. Di più: un rapporto della Corte dei conti mette il dito nella piaga delle società partecipate dal Comune come l'Atam, l'azienda di trasporto comunale che nel 2008 ha incassato appena 18,5 milioni ma ne ha spesi 12,5 soltanto per pagare lo stipendio ai 349 dipendenti.

Una situazione che rende oggettivamente complicata per il centrodestra la prospettiva della prossima scadenza elettorale del 2011, quando a Reggio si voterà per il Comune e per la Provincia. La confusione è totale in entrambi gli schieramenti. Il Partito democratico è commissariato: affidato alle cure dell'ex sindacalista della Uil Adriano Musi. Mentre qualcuno ipotizza il ritorno, per il centrodestra dell'ex senatore Pietro Fuda.
Sono lontani i tempi della «primavera» di Reggio, così la chiamavano i fan del sindaco Italo Falcomatà, che restituì ai reggini «il più bel chilometro d'Italia», coprendo la ferrovia che separava il centro urbano dal suo mare. L'uomo che nel 1993 fece rialzare la testa a una città ancora avvilita dallo strappo del 1970, quando il capoluogo di Regione venne assegnato a Catanzaro innescando una sanguinosa rivolta. Quarant'anni dopo i segni di quella insurrezione sono ancora ben visibili. Il primo è il Consiglio regionale, dove nel 2005, al tempo della maggioranza di centrosinistra, si arrivò a mettere per iscritto: «I membri del consiglio e del governo regionale nonché i dipendenti rifiuteranno ogni tipo di rapporto, contatto o condizionamento della mafia».

Articolo uno del «Codice calabrese del buon governo». La Calabria è l'unica Regione italiana con due capoluoghi «politici». La Giunta è a Catanzaro. Il Consiglio, cioè il parlamento, è rimasto invece a Reggio Calabria. Un risarcimento. E che risarcimento: il Consiglio costa 77,5 milioni l'anno, solo per le spese correnti, e occupa circa 350 persone. «Lo stretto necessario», giurano. «Lo stretto necessario». Tanto più che oggi, con il museo archeologico nazionale in ristrutturazione, devono ospitare i massimi tesori: i Bronzi di Riace.

Scampati al tentativo del Cavaliere e dei suoi fedeli di portarli ora al G8 della Maddalena, ora a Roma per dare il via a un tour mondiale. «Provvisoriamente», hanno spiegato. Ma del «provvisorio» all'italiana da queste parti, non è che si fidano. Così, mentre il museo veniva chiuso per ristrutturazione, i bronzi bisognosi di cure sono stati trasferiti nei locali del Consiglio regionale, dov'è stato allestito un sofisticato laboratorio separato dal pubblico da una parete di vetro. Lì dentro quei tesori, che i turisti possono comunque ammirare, sono al sicuro. Perché su una cosa a Reggio son tutti d'accordo: una volta usciti dalla città, c'è il rischio che i Bronzi non rientrino più. E Reggio perderebbe qualcosa di prezioso quanto lo status di capoluogo. Tanto più che «quelli di Roma» avrebbero una scusa buona per sfilare quei capolavori: laggiù in fondo in fondo alla Calabria sono un po' sprecati. Accusa infida. Nel luglio del 2009 il Quotidiano ha rivelato che il Museo dov'erano custoditi ha staccato in un anno 130.696 biglietti. Quasi 24 mila in meno rispetto ai 154.227 dello zoo di Pistoia."

 

 

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