La lezione di Moro è una sfida per i partiti e i politici di oggi

I suoi discorsi erano un insieme di dialogo con gli altri e di verifica con le sue idee

“Io ci sarò ancora come un punto irriducibile di contestazione e di alternativa” così profetizzava Aldo Moro in una delle lettere, all’estremo delle speranze, come riporta Miguel Gotor in uno dei suoi libri di analisi storica sullo statista.

I suoi discorsi erano un insieme di dialogo con gli altri e di verifica con le sue idee. Trentaquattro anni fa il suo corpo è diventato invece il simbolo di una fase che ha sacrificato il suo migliore interprete sull’altare di una democrazia ancora incompleta.

Rileggendo i suoi discorsi ritroviamo i passaggi di quella delicata fase del Paese ma anche un metodo ed un’intelligenza che oggi mancano alla politica nazionale: Evitare il vuoto politico (1968), Perché siamo guida della società (1969), La società è cambiata (1969), Verso una terza fase (1974), Puntiamo sull’avvenire (1974).
Aldo Moro era infatti il teorico della comprensione dei tempi nuovi, del dialogo e dell’incontro con le culture diverse ed alternative con cui trovare “convergenze parallele”. Le sue lettere dalla prigionia, anche nella misura in cui  ci sono pervenute, sono l’altra faccia del Moro alla ricerca disperata della comprensione del mondo. Una ricerca ormai libera, senza gli schemi del partito, delle regole istituzionali, dei doveri formali dello statista.

Solo così si può comprendere la schizofrenia della gestione della sua prigionia e forse il perchè in un anno le istituzioni e quelle forze che lavoravano per trovare la sua prigione non riuscirono a vincere il braccio di ferro con i misteri della Repubblica.

Non rimane a noi il suo memoriale in forma completa né forse tutte le sue lettere. Cosa rimane della sua personalità?

Nella cultura politica di oggi certo manca la sua capacità di interrogarsi, di analizzare i cambiamenti  e di trovare soluzioni. I commenti ai risultati elettorali anche di oggi e la loro debolezza logica e strategica ne sono un esempio drammatico.

Manca il coraggio di aprire nuove strade o di guidare i processi senza la ricerca della conquista del potere formale. La debolezza dei partiti e la loro impermeabilità ad una discussione aperta ed autocritica sono evidenti a tutti.

Siamo orfani  del disagio e della macerazione interiore che le sue lettere hanno messo a nudo, dimostrando che la sua oratoria non era un mestiere o un metodo di comunicazione involuto, come pure in quella fase alcuni ritenevano, ma un esercizio di approfondimento e svelamento del messaggio.
Moro era soprattutto un politico che individuava e perseguiva una conseguenza e un’ effettività alle riflessioni che faceva. Non rivendicava il primato della politica come un privilegio dei politici ma come una responsabilità delle scelte rispetto al popolo.

Non è un caso che una personalità scomoda come la sua suscitasse convergenti convenienze in opposte fazioni.  Mentre la sua lezione, molto rivendicata è purtroppo molto poco tradotta nelle scelte della politica.

La lezione di Moro è una sfida per i partiti e i politici di oggi.

Demetrio Naccari Carlizzi

 

 

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