Perchè votare no

articolo breve

Che cos’è la Costituzione Italiana

È la legge fondamentale che garantisce i diritti di tutti i cittadini. Essa è in vigore dal 1° gennaio 1948, frutto di due anni di lavori dell'Assemblea Costituente, eletta nel 1946 dopo la seconda guerra mondiale, il crollo del fascismo e il referendum istituzionale con cui gli italiani scelsero la Repubblica.

La Costituzione fu approvata con una maggioranza di circa il 90% dei componenti l’assemblea ed è la felice sintesi di tre grandi correnti di pensiero: la liberale, la socialista e la cattolica. È un modello cui si sono ispirati molti altri Stati nella seconda metà del Novecento.
Essa comprende i Principi fondamentali (art. 1-12), e due parti:

  • Parte I – diritti e doveri dei cittadini
  • Parte II – ordinamento della Repubblica
La seconda parte stabilisce come deve essere organizzata la Repubblica Italiana nelle sue tre funzioni: legislativa (il Parlamento), esecutiva (il Governo) e giudiziaria (la Magistratura).

Come si modifica la Costituzione Italiana

La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione (art. 139) e non è ammissibile modificare la Costituzione introducendo nella seconda parte elementi non democratici in contrasto con i Principi fondamentali e con quanto stabilito nella prima parte.

L’articolo 138 prevede e regola le riforme della Costituzione. Se il Parlamento approva leggi di riforma costituzionale senza un ampio consenso (almeno due terzi) può essere richiesto un referendum popolare per respingere la riforma (votando NO) o per confermarla (votando SI). La riforma non sarà attuata se la maggioranza dei cittadini votanti sceglie NO.

Questa riforma demolisce la Costituzione

La precedente maggioranza ha approvato nel novembre del 2005 una riforma della Costituzione che modifica radicalmente oltre un terzo (più di 50) degli articoli della Costituzione. Articoli che disciplinano le funzioni dei più importanti organi dello Stato, il Presidente della Repubblica e la Corte Costituzionale (i due massimi organi di garanzia delle norme costituzionali), le due Camere del Parlamento, il Governo, gli Enti locali.

Se la riforma sarà approvata dai cittadini l’Italia non sarà più una Repubblica parlamentare, in cui il Parlamento dà la fiducia al Governo e gliela può togliere, perché la vita politica ruoterà intorno alla figura del Primo Ministro, una sorta di premier assoluto.

La riforma interviene sulla composizione e sul funzionamento del Parlamento e invece di produrre una semplificazione crea un sistema complesso e farraginoso con un Senato depotenziato e che può vedersi sottrarre competenze a favore della Camera dei Deputati.

La Camera viene di fatto assoggettata ai voleri del Primo Ministro. Infatti, il Primo Ministro, designato dagli elettori, ottenuta dalla sola Camera l’approvazione del programma, dura in carica tutta la legislatura, e una eventuale sfiducia produce lo scioglimento anticipato della Camera. Questo può essere evitato solo da una sfiducia costruttiva (detta così perché indica un nuovo Primo Ministro vincolato però allo stesso programma, anche se si è dimostrato sbagliato), che può essere votata solo dai deputati appartenenti alla stessa maggioranza del Primo Ministro uscente!

L’introduzione di una accentuata autonomia regionale (devolution) in materie delicate quali la scuola e la sanità rischia di minacciare i principi di uguaglianza dei cittadini e di unità e indivisibilità della Nazione.

Al Presidente della Repubblica vengono tolte proprio quelle prerogative che lo caratterizzano come garante della Costituzione lasciandogli solo funzioni notarili e di rappresentanza.

La Corte Costituzionale, che dovrebbe godere della massima autonomia rispetto agli altri poteri per svolgere la sua delicata funzione di garanzia, è composta da 15 giudici, 5 nominati dal Presidente della Repubblica, 5 eletti dal Parlamento e 5 dalle supreme magistrature (Cassazione, Consiglio di Stato, Corte dei Conti). La riforma altera questo equilibrio portando a 7 su 15 il numero dei giudici di nomina parlamentare per ottenere un maggior controllo politico.

Il referendum costituzionale

Contro il parere di esperti di diritto costituzionale, di moltissimi Enti locali e di larga parte dell’opinione pubblica, la destra ha voluto approvare la legge di riforma a maggioranza, senza un largo consenso parlamentare. La stessa Costituzione prevede che, in questo caso, i cittadini possano esprimere la loro volontà.

Un alto numero di parlamentari, 15 Regioni e oltre un milione di cittadini hanno richiesto il referendum popolare.

La parola passa ora ai cittadini

Tocca a ciascuno di noi esprimere la propria volontà
Il voto che siamo chiamati a esprimere è un compito di grande responsabilità che ognuno deve assolvere con piena consapevolezza e che riguarda l’intera legge di riforma nel suo complesso.

Se riteniamo che questa legge o anche solo alcune sue parti costituiscano uno strappo alla nostra Costituzione oppure se semplicemente non la condividiamo, allora rispondiamo

NO

oggi, anche per essere più liberi, domani, di poterla modificare, quando necessario, con un esteso consenso e nell’interesse dell’intera comunità nazionale.

Salviamo la Costituzione
Aggiornarla, non demolirla

La Destra ha fatto una riforma della Costituzione dicendo di volere
il federalismo, un Governo che decide rapidamente, uno Stato efficiente... in realtà, queste devastanti modifiche causano:
  • la fine dell'unità del Paese creando differenze tra i cittadini di Regioni diverse (sanità, scuola …)
  • la concentrazione dei poteri nel Primo Ministro, che potrebbe sciogliere a suo piacere il Parlamento (e così ricattare i deputati), senza che il Capo dello Stato possa far più nulla per impedirglielo;
  • la fine dell’indipendenza della Corte Costituzionale con la nomina di quasi la metà dei giudici costituzionali da parte dai partiti;
  • continui conflitti tra Camera e Senato, Stato e Regioni, provocati dalla confusione delle competenze, con una perenne paralisi istituzionale a danno dei cittadini.
Per dire no a tutto questo,
ci è rimasta una sola possibilità.

L’ultima.

Al referendum

votiamo no

il 25 e 26 giugno

 

 

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