Finanziaria, Berlusconi e mobilità sanitaria

Legge truffa che cancella il Sistema Sanitario Nazionale

Una vera e propria riforma sanitaria mascherata dalla Finanziaria del Governo, potrebbe dare avvio ad una drastica rivoluzione del Sistema Sanitario Nazionale, che vedrebbe ancora una volta il Sud Italia impreparato e mal rappresentato in esecutivo, schiacciato dalle esigenze secessioniste della Lega Nord.

Nella Finanziaria 2006, in corso di approvazione, è stata inserita una norma che riduce considerevolmente la possibilità per il cittadino italiano a farsi curare in una qualsiasi struttura ospedaliera d’Italia al di fuori della propria regione di residenza. Ciò, ovviamente, limita soprattutto le possibilità di diagnosi e cura sanitaria dei cittadini residenti nelle regioni del sud che, purtroppo, fanno ricorso alla cosiddetta mobilità sanitaria più degli altri connazionali.

Il comma 203 dell’articolo unico che compone la approvando legge finanziaria per l’anno 2006, recita testualmente che “al fine del rispetto da parte delle regioni dell’equilibrio economico finanziario e dell’estensione dei criteri di appropriatezza anche alle prestazioni erogate in regime di mobilità sanitaria interregionale, viene stabilito un tetto massimo regionale di rimborsabilità e di compensabilità entro il quale le singole regioni regolano l’attività erogata dalle proprie strutture sanitarie pubbliche e private accreditate. Dal tetto sono escluse le prestazioni erogate ai pazienti oncologici e quelle di ricovero relative a discipline di alta specialità”.

Il dato diventa più preoccupante per diverse ragioni.

Il diritto alla salute, sancito costituzionalmente all’art. 32, che si concretizza tra l’altro nella libera scelta da parte del cittadino del luogo di cura, rischia seriamente per i cittadini del meridione, di non essere più garantito.

La Calabria è un esempio paradigmatico di tale problema per tutto il sud. La norma della finanziaria, per il perverso meccanismo che ne sta alla base, causerà disagi non solo ai calabresi, ma a tutti i meridionali e non solo. Gli stessi pazienti delle regioni del centro – nord che oggi si spostano presso centri di eccellenza di altre regioni per curare patologie non ricadenti in quelle di alta specialità, se tale norma fosse approvata così come è adesso, avrebbero oggettive difficoltà a continuare a scegliere liberamente dove curarsi.

La situazione è gravissima già adesso: quasi il 15% dei ricoveri ospedalieri dei cittadini calabresi avviene fuori regione, pari a oltre 70.000 casi. Circa l’80% di questi ricoveri avviene per problemi di medio - bassa complessità (cioè non per patologie complesse del tipo oncologico, cardiochirugico ovvero per trapianti di organi) ovvero proprio quelli che saranno soggetti alle restrizioni della nuova previsione normativa. La previsione normativa non ha tenuto conto neanche delle fasce di età dei pazienti; 6.000 di quelle 70.000 prestazioni di ricovero per la Calabria si riferiscono a ricoveri di bambini e rientrano tutte tra quelle soggette a restrizioni di rimborsabilità.

Di conseguenza l’entrata in vigore della finanziaria con la relativa fissazione dei tetti alla mobilità causerà forti difficoltà a quei calabresi che non trovano nella propria regione gli standard qualitativi e di efficacia richiesti, non potendo liberamente scegliere ove recarsi per le proprie cure.

Il valore economico complessivo delle prestazioni rese a pazienti calabresi in strutture extra regionali per l’anno 2004 è stata pari ad € 213 Mln (mobilità passiva).

La devolution completerà questo disastro, infatti, quello che vorrebbe imporre domani sul piano finanziario, viene anticipato già oggi dalla legge finanziaria dal punto di vista giuridico. Attualmente la Calabria coprirebbe con i fondi di propria pertinenza solo il 24% del fabbisogno del proprio sistema sanitario; la quota restante così come per le altre regioni, soprattutto del sud, viene erogata tramite aggiustamenti perequativi. Dopo la devolution ogni regione avrà totale discrezionalità nell’organizzazione sanitaria e dovrà far fronte a questa con le proprie risorse.

I principi sui quali si fonda il nostro Sistema Sanitario sono quindi ovviamente a rischio: l’universalismo, la solidarietà e l’uguaglianza non avranno certamente un futuro.

Tutto questo sembra invece indirizzarsi verso una chiara politica nella quale il cittadino e le famiglie italiane, saranno costrette a dotarsi di una assicurazione privata che copra le lacune del Sistema Sanitario Nazionale, elemento ancora una volta suscettibile di un evidente conflitto di interesse, essendo Berlusconi proprietario di istituti bancari e assicurativi.

Demetrio Naccari Carlizzi

 

 

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