Processo Fallara, maratona processuale con Naccari e Romeo

che ricostruiscono la genesi della denuncia in Procura

pubblicato su [Strill.it] il 10/01/2013

di Claudio Labate - Una maratona processuale è quella che è andata in scena al Centro direzionale dove, sotto la presidenza del giudice Olga Tarzia, si è celebrata l‘udienza del cosiddetto “processo Fallara” che vede imputati, insieme al collegio dei Revisori dei conti dell’epoca, il governatore della Regione Calabria, Giuseppe Scopelliti, accusato di abuso d'ufficio e falso ideologico in qualità di ex sindaco della città.
Nei banchi dei testimoni si sono succeduti i grandi accusatori, Demetrio Naccari Carlizzi e Seby Romeo, e in chiusura di giornata l’avvocato Sergio Caracciolo che diede il parere, richiesto dall’allora sindaco facente funzioni Giuseppe Raffa, sulla legittimità degli incarichi in Commissione tributaria affidati a suo tempo all’ex dirigente del settore Finanze di Palazzo San Giorgio.

Naccari e Romeo, interrogati dal pm Sara Ombra, hanno ricostruito temporalmente l’esposto che i due hanno presentato alla Procura della Repubblica per denunciare le storture del Bilancio del Comune di Reggio Calabria. Che per l’ex sindaco facente funzioni del post Falcomatà si configura, negli anni dell’amministrazione Scopelliti, null’altro che “uno strumento di fantasia sistematicamente truccato”. Una falsificazione che per Naccari “era diventato un segreto di Pulcinella”, perché nel corso degli anni si palesò una situazione piuttosto complessa per i Bilanci dell’ente, che a partire dal 2007 vide il precipitare della situazione, giustificata da chi amministrava con una pressante crisi di liquidità che per l’esponente del Pd andrebbe identificata come una “grossolana contraffazione, testimoniata dalle autoliquidazioni della fallara, il tutto sulla base di una convinzione di impunità sfociata in un delirio di onnipotenza”. Insomma, Naccari, se può, carica di significato, anche politico, i fatti che hanno portato dalla certificazione del buco al suicidio della ex dirigente, secondo lo stesso, “in una prima fase sostenuta ma poi abbandonata al suo destino”.

Ed è proprio il modus operandi dell’ex dirigente al Settore Finanze ad essere il vero protagonista della deposizione di Naccari, che racconta come, quando cominciarono a tardare i pagamenti alle imprese, le stesse si rivolgessero al sindaco che le dirottava direttamente negli uffici della Fallara: ‘’Lì venivano trattati come questuanti, a volte ricevendo dopo una lunga anticamera mandati di pagamento che il tesoriere del Comune considerava carta straccia per la mancanza di copertura”. In un quadro non certo idilliaco, per Naccari “i pagamenti venivano fatti per simpatia e appartenenza politica”.

Nell’esposizione dei fatti vengono citati anche fatti specifici: dalla vicenda del palazzo di Giustizia, ai pignoramenti della ditta Locicero che eseguiva i lavori del Lungomare di Gallico, passando per Acquereggine e il debito idropotabile. Naccari condanna quindi “l’utilizzo di fondi per investimento per finanziare la spesa corrente, che è – dice – quanto di più peggio possa fare un’amministrazione che in realtà lanciava solo operazioni di marketing”. L’ex assessore al Bilancio regionale si è poi soffermato sulla Corte dei conti, sostenendo come nel tempo “siano stati sottovalutati i provvedimenti dei giudici contabili da parte degli amministratori di maggioranza” a fronte di Bilanci comunali configuratisi come “una truffa ai danni dello Stato che hanno permesso di fare avere al Comune ingenti trasferimenti statali. La manipolazione dei numeri – ha aggiunto - è un dato di fatto”. Altro passaggio è stato quello relative allo “sperpero di risorse attraverso l’elargizione di contributi, almeno 10 milioni, al di fuori della procedura corretta. Alcuni realizzati direttamente dall’allora dirigente al Settore, altri direttamente dalla giunta”. In merito alle autoliquidazioni della Fallara, Naccari ricorda che “nel 2010 la situazione di default era sempre più evidente. In quella fase ci arrive voce anche di incentivi erogati al limite della legalità. A differenza di altri dirigenti alla Fallara non veniva applicata la decurtazione del 20% dei minimi tariffari.

Anzi, il sindaco firmava atti in cui la indicava come professionista esterno all’amministrazione e la Fallara dava il parere sui suoi stessi emolumenti, saltando l’iter dell’ufficio legale”. Rispetto al caso specific dell’ex dirigente, Naccari racconta di aver ricevuto nella buca delle lettere un prospetto che indicava in un milione e 100 mila euro le autoliquidazioni della fallara: “Un prospetto che studiammo a lungo, riscontrando nel tempo la veridicità dello stesso”. Poi c’erano pagamenti ad altri soggettiper somme esorbitanti, “comprese le liquidazioni, circa 800 mila euro, in favore dell’architetto Labate per lavori mai eseguiti per il Comune”. Per Naccari si era creato un meccanismo ad arte: “Quando si finanziavano opera pubbliche il 2% andava alla dirigente, che però svolgeva soltanto il suo lavoro”. A proposito dei Revisori dei Conti, Naccari ha ricordato come “I pareri, una forma di garanzia per tutti gli amministratori, arrivassero spesso in ritardo” e che quando arrivavano in aula “la si metteva artatamente in bagarre per spostare l’obiettivo”.

Successivamente, (l’esame di Naccari è durato più di 4 ore) è il controesame del collegio difensivo (avvocati D’Ascola, Labate, Chirico, Gioffrè e Sofo) a mettere in difficoltà l’esponente del Pd. Con una serie di domande mirate i difensori hanno chiesto di elencare le fonti attraverso le quali sono state raccolte le notizie contenute nell’esposto denuncia. Provando anche a dare un volto alle “voci” citate da Naccari che ha sostenuto come molte delle notizie lui le ha apprese dalla stampa. Un modo non solo di ampliare eventualmente la schiera di testimoni da sentire, magari allungando il processo stesso, ma utile ai difensori per dimostrare eventualmente che molte delle notizie raccolte da Naccari fossero “solo” frutto di intuito personale. Ma è lo stesso ex facente funzioni ad indicare due dirigenti che avrebbero potuto confermare la circostanza che i terminali del Bilancio erano stati blindati (Squillaci e Cammera). Successivamente l’attenzione dei difensori si è spostata sull’epoca Falcomatà, facendo ammettere a Naccari che “nel 2002, quella amministrazione aveva in bilancio 234 milioni di residui passivi, compensati però - agginge - da altrettanti residui attivi”. E chiedendo allo stesso quanti Comuni ad oggi si trovano nella stessa condizione di Reggio. Per la cronaca sono 28. Anche questo un modo per sostenere che quella di Reggio, e della Reggio di quegli anni, non è un fatto, per così dire, esclusivo.

Dopo la pausa, nel pomeriggio, è toccato all’ex consigliere comunale del Pd, Seby Romeo. Anch’egli fa un excursus dei fatti a partire dal 2003 quando circolano le prime notizie di difficoltà economiche. “Il settore Finanze – racconta – era completamente affidato alla Fallara che faceva da dirigente e da assessore, in virtù del suo rapporto di fiducia col sindaco”. Un punto, questo, molto dibattuto anche nel corso del controesame. Ma per Romeo sono gli anni tra il 2004 e il 2005 che “rivelano le artefatte previsioni di Bilancio”: “Ci siamo accorti che c’era un meccanismo per gonfiare il Bilancio in modo da poter impegnare somme che in realtà non c’erano”. Romeo racconta anche dei rapporti difficili con gli assessori al Bilancio del tempo (Veneziano, Agliano e Lascala) e con la dirigente al settore: “Chiedevamo delucidazioni agli assessori e ci mandavano dalla Fallara, andavamo da lei e non ci dava i documenti che richiedevamo”. L’ex consigliere comunale ha dipinto così la macchina amministrativa del tempo: “Il centro decisionale dell’amministrazione Scopelliti era formato dal sindaco e da due dirigenti, Fallara e Zoccali. C’era insomma un capo assoluto e un paio di persone che godevano di considerazione, perché Scopelliti è comunque un accentratore”.

Anche Romeo si sofferma su due fatti principali, le somme vincolate e utilizzate per altri scopi, e il Piano esecutivo di gestione praticamente inaccessibile ai dirigenti. Sostenendo in conclusione che “solo con l’avvento di Raffa cambiò l’atteggiamento del sindaco verso le problematiche del Bilancio. I documenti che chiedevamo cominciarono ad arrivare e finalmente ci fu consegnato il Bilancio analitico”.

L’impressione è che quella di Romeo sia stata sicuramente una ricostruzione più puntuale, anche grazie alle incalzanti domande mattutine del collegio difensivo, che ha orientato in qualche modo diversamente anche le domande del pm. Tanto che nel controesame la difesa ha giocato una carta che potremmo definire quasi disperata, ricordando a Romeo di essere destinatario di una sentenza per il reato di falso. Forse per screditare il testimone (?). Romeo ha comunque respinto l’assalto, dicendo all’avvocato di turno che gli hanno dato notizie sbagliate…

Ultimo testimone dell’accusa è stato l’avvocato Sergio Caracciolo che ha ricostruito il periodo in cui gli è stato chiesto dal facente funzioni Raffa un parere sulla vicenda degli incarichi in Commissione tributaria affidati alla Fallara. Lo stesso ha ricordato che dall’esame della vicenda è scaturito che la Fallara ha avuto 55 incarichi dal 2008 al 2010 liquidandosi compensi pari a 941 mila euro lordi. Vale la pena ricordare che l’ex dirigente morta suicida si appello al tribunale civile per dimostrare che il tutto fosse legittimo, ma anche che quel giudizio non è ancora arrivato. Nel frattempo però arrivò quel parere che voleva la sospensione della dirigente, l’istituzione di una commissione d’inchiesta e la revoca dei mandati in essere: “La liquidazione di quelle cifre è avvenuta senza alcun senso – ha sostenuto Caracciolo – Anche per questo è stata chiesta la restituzione di quelle somme, che al limite sarebbero potute arrivare a non più di 160 mila euro”. 

 

 

Articolo precedenteArticolo successivo

Non ci sono commenti