In aula il sistema Fallara-Scopelliti

Demetrio Naccari e Seby Romeo sentiti nel processo in cui è indagato l'ex sindaco


pubblicato su [Corriere di Calabria] di Alessia Candito 11/01/2013

L'ex dirigente del settore Finanze e Tributi del Comune di Reggio Calabria, Orsola Fallara

REGGIO CALABRIA «L’amministrazione Scopelliti aveva un capo assoluto e due persone di assoluta fiducia che lavoravano alla realizzazione dei suoi interessi. Scopelliti, Fallara e Zoccali erano il centro propulsore dell’amministrazione. La maggioranza di cui era espressione il sindaco godeva ovviamente di considerazione, ma non influiva sulle scelte». È con queste parole impietose che l’ex consigliere comunale Pd, Seby Romeo, su istanza della presidente del Tribunale Olga Tarzia ha sintetizzato gli anni in cui a reggere Palazzo San Giorgio c’era l’attuale governatore della Calabria, oggi imputato proprio per quella gestione per falso in atto pubblico e abuso d’ufficio. Insieme a lui alla sbarra nel procedimento che prende il nome dalla dirigente del settore Bilancio, Orsola Fallara, morta suicida dopo aver ingerito una dose mortale di acido muriatico, i tre revisori dei conti, accusati di solo falso in atto pubblico.

E l’atto in questione è il bilancio del Comune di Reggio Calabria, diventato per anni – hanno raccontato oggi i consiglieri di opposizione dell’epoca Demetrio Naccari Carlizzi e Seby Romeo, sollecitati dalle domande del pm Sara Ombra –  un segreto impossibile da violare. A custodire come una sindone i documenti contabili relativi all’amministrazione dell’ente il sistema messo in piedi dalla Fallara, che – sostiene Romeo – «era dirigente e di fatto anche assessore». Ma la dirigente – sottolinea Romeo – «non si muoveva dal margine che Scopelliti aveva disegnato per lei». Ed era lei - afferma l’ex consigliere, confermando quanto poche ore prima dichiarato dall’ex collega Naccari - ad avere in mano le chiavi dei conti e dei bilanci, lei a accompagnare il sindaco ai tavoli di trattativa, lei – più di una volta - a presentare in Consiglio il Bilancio, o a presenziare alle riunioni di maggioranza a margine delle sedute di Consiglio, e sempre lei la persona cui gli stessi assessori che nell’incarico si sono avvicendati – Fabrizio Veneziano, Giuseppe Agliano, Rocco La Scala, oltre allo stesso Scopelliti – sostenevano fosse necessario rivolgersi per problemi o quesiti riguardanti questioni contabili. «Nel 2008 – ricorda Romeo – mi accorsi che alcune somme vincolate erano state destinate ad altri scopi e prima di rendere pubblica la cosa, come sempre, mi rivolsi all’assessore – all’epoca era La Scala – e alla giunta, segnalando che avrebbero portato a gravi distorsioni in sede di redazione del bilancio. Rispose la Fallara, come del resto è successo sempre, a prescindere da chi fosse l’assessore di turno».

Uno strapotere che avrebbe causato non pochi malumori e sarebbe stata la vera causa – a detta di entrambi i consiglieri – delle dimissioni dell’assessore Veneziano, stanco – dice Romeo – «di vedere il suo ruolo politico continuamente bypassato dal ruolo tecnico della Fallara». Ed è sotto questa coltre di silenzio – affermano oggi i due, come già nelle precedenti udienze certificato dai periti della Procura, due dei quali arrivati a Reggio anche in veste di ispettori del Ministero – che è stato commesso ogni sorta di abuso contabile. Quel periodo sulla riva calabrese dello Stretto corrisponde agli anni dei “bilanci compilati a mano libera”, sulla base di un “gioco delle tre carte” per il quale si gonfiavano le entrate e si facevano sparire le uscite, nell’intento – riuscito – di camuffare il disavanzo. «Alcune voci – dice ancora Romeo – scomparivano dal bilancio da un anno all'altro. Prima parlarono di rateizzazione, poi parlarono di cause intentate, di fatto la gestione di cassa era esclusiva conoscenza di Scopelliti e della Fallara».

BEFFATA ANCHE LA CORTE DEI CONTI Un’operazione di maquillage che ha nascosto la situazione non solo ai consiglieri comunali per anni impossibilitati ad accedere a documenti fondamentali come il bilancio analitico, che nonostante le ripetute richieste, non è mai stato fornito, ma anche ai giudici contabili. Almeno per un periodo. «Possiamo identificare tre fasi nell’atteggiamento della Corte dei conti nei confronti di Reggio Calabria», spiega Naccari. Una prima in cui i rilievi dei magistrati sono quasi ordinari e fisiologici, una seconda, a partire dal 2007, in cui la Corte inizia ad inviare provvedimenti e ordinanze che mettono in luce sproporzionati debiti fuori bilancio, spese superiori al previsto e non coperte da equivalenti entrate, impensabili anticipazioni di cassa «vere e proprie notitiae criminis», per l’ex consigliere. Le ordinanze venivano portate artatamente a ultima ora in consiglio e se ne dava notizia a ridosso della stessa assemblea. La maggioranza le presentava come semplici “raccomandazioni”, ma paradossalmente si portava anche il consiglio a discutere delle “controdeduzioni” approvate dalla sola maggioranza.

«Queste sono operazioni che la procedura stessa non consente, non si può contro dedurre su una sentenza», sottolinea Naccari. Ma l’abitudine di trasmettere documenti contabili a ridosso delle discussioni dell’assemblea riguardava anche le relazioni dei revisori dei conti o altri documenti contabili. Tutti artifici che hanno inevitabilmente condotto alla terza fase, che ha preso corpo nella sentenza del dicembre scorso, con cui i giudici contabili hanno definito quello di Reggio «un ente decotto – ricorda Naccari usando le parole della Corte - dove sono state violate le più elementari regole di redazione del bilancio».
Un esito inevitabile secondo il bilancio di quasi dieci anni di amministrazione tracciato oggi in aula dai due consiglieri convocati in qualità di testimoni, a cui nulla aggiunge la sentenza giunta ieri che potrebbe salvare Reggio dal dissesto, permettendole di accedere al fondo Salva-Comuni, ma che per Naccari «non è altro che un tentativo di allontanare nel tempo una dichiarazione di dissesto che implicherebbe l’incandidabilità per tutta una serie di soggetti».

LA BATTAGLIA CONTRO IL SILENZIO Ma ben prima delle segnalazioni della Corte dei conti, anche i consiglieri di opposizione si rendono conto che le cose al Comune di Reggio Calabria non andavano per il verso giusto. Un’intuizione che serpeggiava fra i banchi del centrosinistra  già dal 2003 – ricorda Romeo – ma che solo dall’anno successivo i consiglieri hanno iniziato a tentare di corroborare con documenti e dati concreti. Invano. Richieste di accesso agli atti, interrogazioni, interpellanze, mozioni, interventi in aula e al di fuori dalle sedi istituzionali, in conferenze stampa come sulla pubblica piazza non sono riusciti a bucare il “muro di gomma”, tanto meno hanno permesso ai consiglieri di ottenere il tanto agognato bilancio analitico che avrebbe permesso di analizzare in dettaglio la gestione contabile dell’ente, che in quegli anni spendeva e spandeva senza limite. Un silenzio che investiva anche i singoli settori, i cui dirigenti per lungo tempo non hanno avuto a disposizione neanche il Peg (piano economico di gestione), strumento necessario per sapere quanto avessero in cassa. «Gli unici a conoscenza della reale situazione dell’ente – sostiene senza esitazione Romeo – erano la dottoressa Fallara e il sindaco».

Un rapporto blindato – sostengono entrambi – cementato da una lunga amicizia e da una fiducia inossidabile, che ha portato l’attuale governatore a farsi seguire dall’amica d’infanzia in ogni sede istituzionale che abbia ricoperto. Del Comune di Reggio, le aveva di fatto consegnato le chiavi. «La Fallara era il centro dell’amministrazione – ricorda ancora Romeo - perché era quella che gestiva i soldi e in forza del suo rapporto di ferro con Scopelliti. Solo un’altra figura era altrettanto forte all’interno dell’amministrazione, Franco Zoccali». Un cerchio magico, per Naccari, i cui segreti non sono stati ancora totalmente scoperti.

DECRETI INGIUNTIVI E AZIENDE IN RIVOLTA Nonostante la coltre di silenzio avesse avvolto il settore Bilancio, blindato i terminali e reso di fatto impossibile l’accesso ad atti e decreti, i segnali di disagio in città non mancavano. Dipendenti delle società miste in rivolta per il mancato pagamento degli stipendi, l’Enel che realizzava distacchi parcellizzati della corrente elettrica per milionarie bollette arretrate, l’avviso di sfratto arrivato per lo stabile di via Giudecca dove hanno sede i gruppi comunali, mandati di pagamento per aziende pari a 80 milioni reputati dalle banche carta straccia in mancanza di adeguata copertura finanziaria, pignoramenti che sono arrivati a toccare anche i mobili della stanza del sindaco, le proteste dell'associazione ReggioNonTace per la mancata esibizione degli atti contabili, l’audizione del vescovo stesso in Consiglio Comunale per chiedere i pagamenti per le cooperative sociali: tutti segnali di allarme che hanno spinto parte dell’opposizione a non desistere.

Ed è per il paziente lavoro definito da Naccari «quasi da detective» – osteggiato a suon di insulti ormai divenuti prassi “comunisti, terroristi, nemici della città - che dal 2008 in poi inizieranno a filtrare i primi dettagli di una gestione contabile nella migliore delle ipotesi allegra. Al timone di Palazzo San Giorgio, Giuseppe Raffa è succeduto a Scopelliti, volato in Regione insieme ad alcuni selezionatissimi dirigenti e il silenzio e il segreto che hanno coperto i bilanci comunali iniziano a mostrare le prime crepe. I consiglieri hanno finalmente accesso al tanto desiderato bilancio analitico. Sarà così che progressivamente verranno fuori i milioni di contributi elargiti senza alcun bando né criterio a associazioni di ogni ordine e grado, ma soprattutto le sontuose elargizioni che la Fallara nel giro di due anni si era auto liquidata, retribuendosi come consulente esterna incaricata di rappresentare l’ente davanti alla Commissione tributaria.

I REGALI ALL'ARCHITETTO LABATE Per 55 incarichi svolti in meno di due anni, la Fallara si retribuirà con la modica cifra di 941 milioni al netto delle ritenute, senza che tali mandati passassero dall’ufficio legale o da qualsivoglia altro organo di controllo. Una procedura – afferma con sicurezza l’avvocato Sergio Caracciolo, sentito oggi in aula in qualità di teste – assolutamente illegittima. Sarà lui che il sindaco facente funzioni  Raffa per avere il terzo parere – dopo aver interpellato il segretario comunale e l’ufficio legale del Comune –  necessario per decidere che atteggiamento assumere nei confronti della Fallara. La risposta immediata da parte del noto tributarista sarà netta: sospensione della dirigente. È così che la stella della potentissima dirigente del settore Bilancio inizia a tramontare, mentre iniziano a filtrare i dettagli della “sua” gestione delle casse di Palazzo San Giorgio.  Inclusi gli 800mila euro versati all’architetto Labate «per lavori mai svolti – sottolinea Naccari, che aggiunge – Stiamo parlando di un soggetto che non fa attività di progettazione, era un funzionario della cassa depositi e prestiti, poi nominato dal governatore capo della delegazione romana».

Ma aggiunge Naccari, «abbiamo scoperto che alla dirigente finiva anche il 2% di ogni appalto pubblico e la perizia della Procura ha accertato che anche altri dipendenti dell’area nell’erogare somme, trattenevano per sé una percentuale. Un sistema di blindatura delle informazioni necessita delle collusioni».

Tutti particolari che affondano sempre di più la dirigente che in quelle ultime settimane, prima della tragica fine, tenta il tutto per tutto. Continua a fare la spola tra il Cedir e Palazzo San Giorgio, ricorderà Naccari suggerendo «forse è per questo che molti documenti non si trovano» e chiede un incontro a Romeo – dirà oggi il consigliere, rivelando un particolare inedito – minacciandolo di querele e azioni legali se non avesse cessato la sua campagna di denuncia. Sono gli ultimi capitoli della storia della Fallara, osannata dai suoi nei giorni successivi alla morte – Scopelliti si diceva pronto a istituire una fondazione a suo nome per ricordarla come modello – e nei mesi progressivamente scaricata anche dal suo “fraterno amico” oggi governatore, che metterà a verbale davanti ai pm «la Fallara ha tradito la mia fiducia».

I magistrati lo interrogavano proprio nell’ambito del procedimento che oggi lo vede imputato, ma lui in aula non ci ha ancora messo piede.

 

 

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