Licandro, la città dolente vent’anni dopo

Il sindaco che ha contribuito a scoperchiare la tangentopoli di Reggio Calabria ha cambiato vita

In un'intervista parla di sé, di quegli anni e da' un giudizio su alcuni politici calabresi di oggi

di Mario Meliadò, 29/08/2011 02:00


Sobrio, alla mano, pungente, schietto, documentato.

Insomma Agatino “Titti” Licandro – il controverso primo cittadino di Reggio Calabria ai tempi delle “fioriere d’oro” e il cui nome, in definitiva, è indelebilmente legato alla “Tangentopoli” in riva allo Stretto, che contribuì in modo decisivo a scoperchiare, pagando duramente di persona – custodisce lo spessore e l’acume di una volta, al netto di quei 19 anni che hanno strappato una pagina della sua storia personale. Scrivendone, però, molte altre.


Conservo sempre i miei buoni rapporti – esordisce – con la città che mi ha dato i natali attraverso proprio i mezzi multimediali. E i giornali on-line sono, ovviamente, la novità che consente una penetrazione da parte di chi non potrebbe avere alcun ascolto…

Ora, come in un flashback, si potrebbe tentare una “scheda”. Ma “chi è stato” Agatino “Titti” Licandro, secondo Titti Licandro? Molti penseranno al periodo della sindacatura; almeno altrettanti, alle “fioriere d’oro”; altri, si ricorderanno della “Città dolente”, il saggio-shock scritto nel ’93 col giornalista Aldo Varano, secondo un navigatore del web “probabilmente il libro più sincero mai scritto sulla corruzione in Italia e su come funzionavano i rapporti tra il potere politico e quello economico ai tempi della Prima Repubblica”…
Quanti anni ho? Sì, più di 40, sì! …57 a novembre. Vivo nel Lazio e faccio un’attività legata all’imprenditoria privata che mi fa muovere in varie province laziali, Roma inclusa, occupandomi della direzione finanziaria di una sub-holding. Ho 4 figli, la più grande di 30 anni e il più piccolo, di 12, che è l’unico non nato a Reggio Calabria. E, nel tempo, ho fatto un po’ di tutto…

Quando si dice “ricominciare da zero”, no?
Certo. Ho azzerato tutto. Ho fatto molte altre cose, ho fatto anche il ristoratore. La mia vita, nel ’92, ha avuto un tonfo terribile; e io l’ho ricostruita in un modo certosino. Ho visto “il mio funerale”; e ho avuto anche modo di verificare la vicinanza, spesso inaspettata, di tanta gente della mia città.

Certo però, anche tra quanti vicino non ti rimasero, parecchi non hanno cambiato idea sull’ “uomo” Titti Licandro.
La mia vicenda politica è terminata da un pezzo, nella mia vicenda umana mi sono “arrangiato” un po’ ma, tutto sommato, sono soddisfatto… Io ho abbandonato la politica nel ’92. Mi ero già dimesso da sindaco, poi l’ho abbandonata completamente; la seguo parecchio, ma non ho mai avuto né ho velleità di ricominciare a fare politica, a nessun titolo. Mi volevano eleggere rappresentante di classe dei miei figli e ho rifiutato anche questa nomina… la mia è stata un scelta radicale.

Titti, ci perdonerai la ruvidezza, ma l’impressione è che una volta Licandro sia stato “licenziato” dalle istituzioni mediatico-giudiziarie, che una seconda volta sia stato “licenziato” dalla sua città… e a voler sottilizzare è stato licenziato anche una terza volta, ma senza virgolette. Resta un dato: le verità emerse – la tua verità, la verità giudiziaria – non rappresentano “la” Verità.
Senz’altro. Sì, io ho pagato fino in fondo per le mie responsabilità; e questo mi rende sereno. Anche la mia banca mi ha licenziato per presunti danni alla sua immagine, sebbene poi m’abbia dovuto reintegrare per decisione del magistrato; successivamente, ho scelto io di andar via. Comunque, non m’interessa che altri non abbiano pagato. In effetti, molta gente ha ricominciato a fare politica, molti non sono stati neanche sfiorati da inchieste giudiziarie…, ma questo non mi dispiace, non nutro alcun rancore verso di loro né verso altri. Anzi, mi spiace per i miei colleghi che, a loro volta, hanno pagato più del dovuto per una vicenda che, in fondo, ha coinvolto tutto il Paese.

Maglie della Giustizia troppo larghe per prendere chi non ha pagato mai, o risultate troppo strette per un “pesce piccolo” che, magari, ha pagato per tutti?
La Giustizia, ovviamente, non può mai “colpire tutto”, intercettare ogni illecito: ce la può fare solo la Giustizia divina, per chi ci crede. Così, c’è chi è rimasto impigliato nella rete e chi no. Però questo non è frutto della negligenza o del dolo della magistratura del tempo: quei magistrati si sono ritrovati sul tavolo alcune notizie di reato e hanno svolto le indagini, altri fatti sono sfuggiti. Semplicemente questo. E non bisogna meravigliarsene: accade anche oggi.

Di quella fase, quindi, oggi che cosa resta?
Rimane sicuramente il giudizio storico su una fase che è finita, sulla cosiddetta Prima Repubblica, con partiti storici che si sono dissolti,  con Mino Martinazzoli che, nonostante il 18% della Democrazia Cristiana al massimo della sua crisi, volle comunque cambiarle nome decretando la fine di un movimento politico che aveva ricostruito l’Italia. Insomma, ognuno ha fatto tante cose; sbagliate, giuste… ma è chiaro che ci stiamo riferendo a un’epoca finita per sempre.

Giusto. Ma il senso della domanda era completamente diverso; e tu lo sai benissimo. Scandisco meglio: nell’occuparsi di quei fatti, esaminandoli, la magistratura ci ha più “preso” o ci ha più “mancato”? A 19 anni di distanza puoi ben rispondere, su un tema che conosci profondamente. E non da mero osservatore.
In questo senso, al tempo la magistratura ci ha più “mancato”. Non ho dubbi: s’è configurata una realtà giudiziaria tale che se ne potrebbe dedurre che nessun reggino aveva fatto mai nulla e che l’unico delinquente sono io…  Però, posso dire una cosa. Parliamo dei magistrati che m’inquisirono, Roberto Pennisi, Giuseppe Verzera… sono magistrati sulla cui buona fede, a distanza di molti anni, io sono pronto a giurare! Fecero ciò che fecero non perché perseguirono un “disegno”, ma perché fecero i magistrati “veri”, al di là del fatto che ci abbiano azzeccato sempre o meno.

Già. Ma non è che chi “poteva”, li ha aiutati pochino? Presenti a parte, la storia giudiziaria del nostro Paese c’insegna che senza rivelazioni serie, precise e concordanti, certi gangli burocratico-affaristico-politici ben difficilmente vengono a galla. Non trovi che alcuni colleghi tuoi, politici o amministratori con “le mani in pasta”, avrebbero potuto presentarsi ai magistrati e invece preferirono agi e omertà? Non abbiamo tutti qualcosa da rimproverare loro?
Certo, ma questo è assolutamente nelle cose; rischio di dirti cose scontate. Alcuni magistrati riescono a muoversi, a operare, perché vengono a conoscere alcune cose. E questo può accadere per caso; grazie all’operato delle forze dell’ordine e alla loro rete d’informatori e conoscenze; ma anche perché c’è qualcuno insoddisfatto, rispetto a qualche episodio di malaffare, c’è un elemento “ultorio”, ci si vuole magari vendicare di qualcuno…  Prendi il Pd milanese e Filippo Penati, l’ex capo della segreteria politica di Pierluigi Bersani: premesso che per ogni valutazione bisognerà attendere gli esiti dei processi, in sostanza il “caso Penati” nasce perché c’è un candidato sconfitto a Sesto San Giovanni. Invece, quando molti o tutti, nel malaffare, sono soddisfatti, guai!, perché molto probabilmente lì poco o nulla di tutto questo verrà alla luce.

Sai, talvolta qualcuno ti ha definito a mezza bocca “un infame”. Come oggi, in ben altri ambienti, qualcuno magari definisce Roberto Moio,  Consolato Villani, Nino “il nano” Lo Giudice… cioè collaboratori di giustizia che, forse, hanno “anche” voluto togliersi qualche sassolino dalle scarpe, no?
Sì, ma pensa che i “pentiti” di ‘ndrangheta, qualsiasi siano  le loro effettive motivazioni, hanno aperto squarci, scenari, hanno aperto nuove modalità di lettura del fenomeno mafioso in Calabria; è comunque positivo e utilissimo per la magistratura. Oggi, poi, la legislazione è molto più garantista!, non basta che un collaboratore vada a dire una certa cosa, ci sono stati dei correttivi rispetto al passato, oggi quanto viene dichiarato deve avere dei riscontri.

Poi, però, c’è almeno un altro risvolto. Senza il 17 febbraio ’92, il 17 luglio non ci sarebbe mai stato. Voglio dire: in un certo senso, il primo passo della “Tangentopoli reggina”, che il 17 luglio del 1992 vide il tuo arresto, è l’esplosione di “Mani Pulite”, a Milano, con l’arresto di Mario Chiesa giusto 5 mesi prima…
Non c’è dubbio. C’era la convinzione che poteva essere avocata l’inchiesta. E ci fu quella frase infelice di Bettino Craxi, che chiamò il dominus del Pio Albergo Trivulzio “mariuolo”, suscitando la reazione di Mario Chiesa. Ci fosse stata l’avocazione o il soffocamento di quell’inchiesta, probabilmente non sarebbe nato quel movimento. Che poi, in quel periodo, era il mezzo per eliminare gli avversari politici: bastava un avviso di garanzia per non essere messi più in lista. E ci fu una grande sottovalutazione del fenomeno da parte dei partiti politici. Vero è pure che alcune Procure non fecero indagini. Cioè, sfuggirono intere città perché i politici in quei casi furono talmente “bravi” da mettere magistrati “amici” nelle Procure e insabbiare l’intera vicenda. Potrei anche fare una serie d’esempi concreti… ma adesso, dopo tanti anni, non mi pare il caso: non avrebbe senso.

Sarà meglio, soprattutto perché tu non sei sotto scorta ma, va detto, in seguito alle tue dichiarazioni alla magistratura, a lungo lo sei stato…
Sì, ero considerato in pericolo e dunque per parecchio tempo ho avuto una scorta. Fino a circa 5 anni fa.
In ogni caso, rilevo che ampi territori “si salvarono” dalle inchieste legate al filone-Tangentopoli. Ad esempio, gran parte della Campania, incredibilmente, non ne fu sfiorata. …In Calabria? Catanzaro “si salvò”. Cosenza vide i magistrati attivarsi solo in un secondo tempo… e Reggio invece “si mosse” fin dall’inizio, forse anche per la determinazione di valenti magistrati come Pennisi e Verzera. Ma il capitano Mario Paschetta, ufficiale dei Carabinieri che condusse concretamente le investigazioni, oggi non è più nell’Arma. Qualcuno dice perché s’è dimesso, pare sia stato prima inquisito e poi assolto… insomma, accanto alle “luci” non mancano le “ombre”.
Ma il risultato è che, per mia stessa ammissione, i fatti c’erano; fatti che potevano essere perseguiti. E lo furono.

Un’intera classe dirigente fu disintegrata. C’è chi dice che fu un bene: Titti Licandro ha una valutazione differente?
Bisogna anche fare una certa analisi. In questi partiti c’erano delle negatività, ma specie in alcune zone del Paese erano pieni di persone che credevano nella politica e agivano in maniera corretta. Non bisogna fare di tutta l’erba un fascio dicendo che, “insomma, la Dc”… Assolutamente: la Democrazia Cristiana era un grande partito, pieno di persone meravigliose che, ad esempio, nelle “regioni rosse” erano all’opposizione da sempre.

Sì. E poi?
Ovviamente, c’era un metodo diffuso di finanziamento dei partiti politici, che veniva percepito come una prassi. Che in realtà non era una semplice prassi, ma un illecito. Scusa per l’insistenza: non tutti pagarono allo stesso modo. Pure in Calabria. Secondo me, la Dc reggina pagò più della Dc catanzarese e cosentina; in proporzione, invece, avrebbe dovuto pagare senz’altro, e tanto, anche la classe democristiana delle altre due province bruzie di quel tempo, a maggior ragione in quello che era il capoluogo di regione. Ma quest’accadde pure per il Psi reggino. Il Pci? Non venne coinvolto. Intanto, perché all’epoca era opposizione. E poi perché alcuni fatti, che pure potevano essere elementi di reato, all’epoca non vennero evidenziati abbastanza, o forse non ci fu una fuga di notizie tale da mettere in luce responsabilità che, pure, sembravano poterci essere…

Per esempio?
Nella gestione di alcune grandi opere, per dire, esisteva il movimento delle grandi cooperative “rosse”, no? Be’, lì c’è qualcuno che ha visto le carte, i magistrati tentarono di appurare eventuali illeciti: e non appurarono violazioni di sorta. Nella forma, certo; forse nella sostanza ce ne potevano essere ma non sono emerse… E’ un ragionamento non automatico, però è chiaro che, se c’era la Lega delle cooperative, è perché nella mediazione politica la Balena Bianca metteva la grossa impresa nazionale e la Sinistra metteva la Lega. Poi, va detto, grazie a un Governo di centrosinistra ci fu lo “strano” ritorno a Reggio, in veste di commissario, di qualcuno che in passato era un investigatore. Cosa che mi lasciò un po’ perplesso, non lo nascondo.

E fuor di metafora? I nomi, come sempre, sono graditi.
E’ strano che a distanza di 20 anni si debba trovare qualcuno che “moralizzi”, o meglio “normalizzi” una fonte di sprechi miliardari in qualche delicatissimo settore, e si indichi giusto qualcuno che, ai tempi della Tangentopoli reggina, faceva l’investigatore… mi fermo qui. Certo, poi, resta il punto interrogativo su chi “effettivamente” abbia disposto questa nomina; che è un elemento che suscita interrogativi su questioni irrisolte e perplessità.

A proposito di responsabilità. Chi pagò, come l’ex sindaco Licandro, pagò responsabilità individuali e personali, secondo quanto prevede il nostro ordinamento giuridico. Però… leggendo le cose “in rete”, quelle legate a doppio filo tra loro e che leggere isolatamente farebbe perdere la visione complessiva, è cruciale chiedersi: chi pagò, pagò anche responsabilità “di Sistema”?
Ma il Sistema ha pagato: al di là dei verdetti penali, il 70-80% della classe dirigente di quel tempo fu espulso dai vertici di politica e amministrazione reggina, calabrese, italiana. Quella classe dirigente è stata interamente spazzata via: magari c’era chi meritava di più, chi meritava meno… ma su questo, un pronunciamento chiaro c’è stato. E ne è nato un periodo in cui la politica e l’amministrazione non erano più condizionati da Superpartiti o alleanze strane.

Proiettiamoci adesso, a velocità supersonica, sulla Reggio Calabria odierna. Secondo investigatori, magistrati e parti sociali, oggi gli esercizi commerciali pagano il “pizzo” al racket come e più di vent’anni fa. E alla politica?
Reggio, come classe imprenditoriale, è peggiorata. Io sono da quasi vent’anni un comune cittadino con esperienza nel mondo imprenditoriale: fortunatamente, over 40 a parte!, non mi riconosce e/o conosce più nessuno, dunque circolo liberamente. Ascolto. Osservo. Vedo come si muove e come parla chi s’è formato e opera in questa città: le cose, sul fronte della libera impresa, non vanno affatto bene, non c’è più quella classe imprenditoriale vera, autentica, di provenienza certa.
Se parli con uno, non sai i confini della legalità dove li mette, se li ha valicati o no. E pare esserci una predisposizione a oltrepassarli diffusissima, come ai miei tempi non era.

Questione assiologica, valoriale…
Certo: e infatti molta gente non s’è mai sentita colpevole d’aver fatto le cose per aver fatto le quali mi sentii colpevole io, sentendomi nella necessità di comportarmi come ho fatto. D’accordo, il mio conto con la Giustizia è ormai saldato; passato remoto. Ma la linea di demarcazione tra legalità e illegalità un tempo era ben definita, voglio dire: l’imprenditore reggino non era diverso da quello milanese, agiva sulla scorta di un’idea che aveva avuto. Eppure più di qualcuno afferma che la città s’è “liberata”: be’, si sarà liberata di certi politici che agivano al confine tra bene e male, però in un’epoca in cui era agevole percepirne le violazioni. Oggi, invece, è diventata una prassi: un po’ come, adesso, nessuno va a cercare finanziamenti “solo” in banca, allo stesso modo vedi tanti spregiudicati pseudoimprenditori che, pur di far soldi, mettono in conto anche il rischio di finire in galera. Bisogna però aggiungere che, all’epoca, l’imprenditore che lavorava con gli Enti pubblici vedeva regolarmente pagati i lavori eseguiti; oggigiorno anche questo profilo è gravemente peggiorato.

La percezione della Reggio Calabria di oggi spacca in due, come una mela, gli addetti ai lavori e gli stessi reggini. Città di nuovo “dolente” come ai tempi tuoi, o città “dell’Amore”?
Mah, ancora una volta mi piace ripartire da lontano. Quando ho lasciato il Palazzo di città, malgrado tutto ciò che era successo, le casse dell’Ente comunale erano piene di soldi, che poi sono stati regolarmente spesi. Non per esaltarla, ma proprio l’ottima progettualità dei tempi miei e di Piero Battaglia ha consentito di realizzare gran parte del “decreto Reggio” e tantissime altre opere, dal nuovo Tribunale alla metanizzazione della città fino al Centro direzionale di Sant’Anna. Se si pagano “mazzette” nella cosa pubblica reggina, invece, non lo so proprio; ormai, non ho neppure gli strumenti per esserne a conoscenza. L’efficacia di questa classe dirigente? Oggi ci sono delle individualità importanti, che trovano scarse alternative. Al di là del periodo del compianto Italo Falcomatà, che veniva da una formazione e un’esperienza politica significative e che riuscì in qualche modo a ristabilire un ordine nelle cose cittadine, libero da condizionamenti, poi è emersa la leadership di Peppe Scopelliti, che ritengo persona di ottima formazione, in grado d’avvalersi di uno staff qualificato, fermi restando possibili errori in qualche scelta, come è successo anche a me ed allo stesso Falcomatà…

Certo. Vogliamo dire “con chi” ti accadde?
No, grazie!
Poi, tornando al discorso, ci sono pochi altri. Pensa ad Agazio Loiero: straordinario personaggio e politico dalla grande carriera. Celebrato in un editoriale sul quotidiano La Stampa nientepopodimeno che da Luigi Firpo. Ricandidarlo contro Scopelliti, però, è stato un suicidio per la Sinistra… Perché? Perché ogni cosa della vita passa, non è eterna!, ha un tempo più o meno stabilito, perché ognuno di noi si logora. Per restare alle cose della politica, pensa se oggi si candidasse alla Presidenza del Consiglio dei ministri Massimo D’Alema: politico incredibile, persona intelligentissima, elettoralmente però probabilmente farebbe la stessa fine di Loiero. Nel Regno Unito o in Germania, il cursus honorum di un politico, mettendoci dentro tutti i suoi incarichi, non dura più di 15 anni; solo in Italia un politico “dura” 40 o 50 anni… In questo contesto, la Calabria si ritrova un politico come Scopelliti, chiaro che è una risorsa. E dall’altra parte? Qualche buona individualità, ma complessivamente c’è il vuoto. E la mera riproposizione di personaggi che hanno un valore, ma hanno fatto il loro tempo da un pezzo.

Facciamo un giochino che, speriamo, ti piacerà. Suggestione. O, se preferisci, accostamento di termini. Ti propongo il nome&cognome di un uomo politico, del presente o del passato prossimo, e tu mi dai una breve definizione… ti va? Iniziamo: l’ex deputato pd ed ex presidente della Regione Gigi Meduri.
Una persona di grandi capacità umane. Abilissimo nelle relazioni interpersonali. S’è “salvato” perché ha sempre utilizzato il low profile…

Il deputato piddino Marco Minniti, ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri (…proprio con D’Alema)?
Partiva dalle premesse più significative per fare carriera. L’ha fatta. Oggi, diciamo, credo che abbia perso l’entusiasmo, ritengo si sia stancato anche lui.

L’ex deputato della Dc e poi vicepresidente (ai tempi di Fuda) della Provincia di Reggio Lillo Manti.
S’è saputo barcamenare bene e ha saputo reggere anche l’urto di alcune inchieste giudiziarie. Va apprezzato. Ed è meglio di tanti altri.

Il presidente della Regione Peppe Scopelliti?
Se sa gestire l’ “onda” del momento, può diventare tranquillamente un leader politico nazionale.

Il segretario nazionale del Partito repubblicano, già ministro junior all’Ambiente, Franco Nucara…
…Preferisco non rispondere.

L’ex assessore regionale a Bilancio e Trasporti Demetrio Naccari Carlizzi, che è stato anche sindaco facente funzioni?
Un’intelligenza vivace, un uomo di grande preparazione amministrativa e culturale. Avrebbe sicuramente meritato di più.

L’ex parlamentare dc Nello Vincelli?
Mah, c’è un Vincelli “prima maniera” su cui credo nessuno possa dire altro che bene. E poi c’è l’ “ultimo” Nello Vincelli che, credo, avrebbe fatto bene a ritirarsi dalla scena politica: si sarebbe evitato parecchie mortificazioni, non ultima la non-rielezione.

Il leader dei Socialisti Uniti Saverio Zavettieri, già parlamentare e assessore regionale?
Un uomo intelligente. Capace. Che ha sempre creduto in un preciso percorso. Una persona di qualità.

Il consigliere regionale piddino Demetrio Battaglia.
Conoscitore della politica, ha fatto il percorso giusto… Lo stimo molto. Anche lui meriterebbe molto di più.

Dopo Scopelliti, altri ex sindaci di Reggio. Italo Falcomatà.
E’ l’amministratore ritrovatosi a gestire un momento in cui la credibilità della politica era ai minimi termini. Ha il grande merito d’aver riavvicinato i cittadini al Comune, col supporto determinante di straordinari, dimenticati collaboratori come Giuliano Quattrone.

Il sindaco della “Rivolta”, Piero Battaglia.
Un uomo che ha avuto grandi idee, che poi hanno guidato la città per tutti gli anni seguenti. Profetico. E’ l’unico di cui si può dire che è passato dalle idee ai fatti: i fatti li hanno messi in campo i suoi successori, le idee però erano le sue. Anche lui non è stato celebrato a dovere.

L’ex primo cittadino di Reggio scomparso più di recente, Peppino Reale.
Reale ha creduto molto nella politica, facendo battaglie importanti: lo sciopero della fame, persino. E anche lui, a dispetto del “basso profilo”, si è impegnato conseguendo realizzazioni importanti, dall’Università all’Aeroporto.

…L’attuale primo cittadino, Demy Arena?
Come primo cittadino va ovviamente verificato, però da presidente dell’Atam ha fatto bene. A Palazzo San Giorgio è chiamato a fare il normalizzatore; credo abbia la tempra e le qualità per farlo.

E l’oggi presidente della Provincia Peppe Raffa, che è stato anche lui sindaco facente funzioni?
…In quanto d’antica formazione democristiana, non può che starmi simpatico…

Per finire. Ci sono episodi, nella storia di una comunità (più che di una città), in grado d’interrogarci, ma anche di “parlarci” per anni. Cosa pensa Titti Licandro dell’ex dirigente comunale al Bilancio Orsola Fallara e della sua vicenda?
La conoscevo ai tempi in cui non aveva incarichi pubblici, mi stava pure molto simpatica. Ha avvertito profonde responsabilità, ha fatto un gesto che va profondamente rispettato. Responsabilità personali o responsabilità “di sistema”? Quando uno arriva a compiere un simile, estremo gesto senza che la matassa fosse stata dipanata da soggetti esterni, ritengo sia soprattutto un’assunzione di responsabilità “in proprio”. Solo la magistratura, chiaro, potrà dirci se simili responsabilità fossero mai state condivise con altri.

pubblicato su [Scirocco News]

 

 

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