Infrastrutture e Sviluppo del Mezzogiorno.

MARINO E NACCARI

Tratto da [Zoomsud.it]

di DOMENICO MARINO E DEMETRIO NACCARI CARLIZZI

Le disparità regionali non sono il frutto di fluttuazioni cicliche a breve termine, ma costituiscono, a tutti gli effetti, un problema che va affrontato nel lungo periodo.

Accanto ai classici fattori di produzione: capitale e lavoro, vi è una classe particolare di risorse fisse e localizzate e che dipendono dalle risorse naturali, dalla situazione demografica e geografica, dalla struttura settoriale dell'economia, e dalle infrastrutture. Le possibilità di produzione di una regione vengono a dipendere da questi fattori, nel senso che, se questi fattori sono governati in maniera ottimale, anche in relazione con gli altri fattori mobili di produzione (spirito imprenditoriale, capitale privato, risorse lavorative), la regione esprime in pieno il suo potenziale di sviluppo. Le infrastrutture all’interno di questo schema interpretativo giocano un ruolo fondamentale.

Per quantificare e specificare meglio in questo quadro il contributo delle infrastrutture, occorre introdurre il concetto di capitale pubblico. Si tratta di una grandezza di stock che descrive la dotazione infrastrutturale. Sono infatti le regioni che possiedono una dotazione infrastrutturale maggiore quelle che meglio realizzano la combinazione ottimale dei fattori di produzione privati, o cosa che è equivalente, riescono a raggiungere più elevati standard di efficienza e di efficacia.

Con il concetto di capitale pubblico o infrastrutture si intende la rete di comunicazione, le strutture educative e di ricerca, l'energia, la sanità, i divertimenti, i servizi essenziali, acquedotti, fognature etc. Si può fare una ulteriore distinzione differenziando le infrastrutture maggiori dalle infrastrutture minori. Le prime racchiudono le grandi realizzazioni in termini di trasporti e di comunicazioni, le seconde che possono essere ulteriormente divise in infrastrutture economiche (elettricità ed acqua), sociali (sanità ed istruzione), culturali.

Le caratteristiche fondamentali delle infrastrutture sono:

  1. a) l'immobilità
  2. b) l'indivisibilità
  3. c) la non sostituibilità
  4. d) la polivalenza

La prima caratteristica indica che le infrastrutture sono risorse fisse appartenenti ad un'area e che, quindi, con la loro presenza, modificano la neutralità dello spazio, creando dei punti di convergenza di flussi, o meglio dei centri di gravitazione. L’indivisibilità, rappresenta la caratteristica legata al fatto che l'utilizzazione da parte di consumatori aggiuntivi non ne diminuisce la disponibilità per i consumatori, o ancora la caratteristica di influenzare tutta la popolazione che risiede nell’area, facendo ricadere indistintamente su tutti i benefici e anche le eventuali diseconomie.

La non sostituibilità è connessa al concetto della insostituibilità di questi fattori mediante altri fattori di produzione privati. La polivalenza indica una pluralità di possibili usi dell'infrastruttura e un numero elevato di possibili utilizzazioni del servizio reso da questi fattori.

La differenziazione fra caratteristiche private e pubbliche si riflette in una differenza di costi. Più una risorsa è immobile, indivisibile, non sostituibile e polivalente, più elevati sono i costi per la creazione di un fattore di potenzialità in una regione dove non esiste ancora o dove le capacità produttive non sono gia' pienamente utilizzate. L'immobilità può essere misurata come il costo di comunicazione o di accessibilità, l'indivisibilità come un costo di separazione, la non-sostituibilità come un costo di sostituzione, la polivalenza in termini di costi di specializzazione.

Assimilata questa differenziazione, il passo successivo sarà quello di introdurre nell'analisi la prospettiva della dinamica temporale. Poiché come si è già visto il capitale privato non è in genere in grado di produrre alcuni fattori di potenzialità in quantità e qualità sufficienti, deve subentrare una sorta di intervento pubblico che si traduce in politiche regionali atte a soddisfare queste necessità. Nel breve periodo sono i fattori come lo stock di capitale privato che possono limitare le possibilità di produzione. Quando tuttavia la prospettiva temporale è di lungo termine sia il capitale privato, sia la manodopera perdono la caratteristica di fattore di rallentamento. Nell'ottica di lungo periodo dunque sono solo le infrastrutture che possono costituire quel genere di fattori.

Se ridisegniamo la cartina geografica in termini di accessibilità ferroviaria che è una buona proxy della dotazione infrastrutturale e della misura degli investimenti pubblici fatti in un territorio, allora troviamo una situazione molto diversa da quella descritta dalla geografia e siamo in grado anche di trovare le motivazioni remote del ritardo di sviluppo. (vedi fig. 1)

La figura rappresenta la deformazione geografica dovuta ai differenti tempi di percorrenza ferroviaria oggi in atto tra Nord e Sud e in particolare tra tratte ad alta velocità e tratte , da Battipaglia alla Sicilia, alla velocità dei treni in servizio, il tutto secondo orari ufficiali delle Ferrovie dello Stato.

Calabria e Sicilia hanno una popolazione di 7 milioni di residenti. Nessun livello di governo ha allo stato attuale una programmazione adeguata di intervento sulla rete ferroviaria di queste due regioni. Gli unici interventi a valle di Battipaglia e della Napoli-Bari, che in ogni caso è classificata e prevista per i prossimi due decenni, sono la galleria dell'Ogliastro (circa 10 minuti di velocizzazione previsti) e la Catania-Palermo. Per Tale opera e' stato previsto un finanziamento di 1,4 mld di euro nel provvedimento Sblocca Italia. Nel merito va riscontrato che tale opera comporterà un vantaggio in termini di percorrenza oraria di circa 15 minuti, appena. Ce ne è abbastanza per far sorgere il dubbio che sia un'opera che serve più al gruppo Ferrovie dello Stato per evitarsi costosi lavori di manutenzione straordinaria e che non sia classificabile come un nuovo intervento infrastrutturale per aumentare l'accessibilità di un'importante area del Mezzogiorno.

Quello che più colpisce è la sostanziale indisponibilità dell'unico vero player, monopolista di fatto e quasi di norma, a operare sui servizi allo stato delle infrastrutture. Non si spiega altrimenti la sordità conclamata verso soluzioni proposte dai territori, non ultima quella dei trasportisti dell’Università Mediterranea, dell'utilizzo di alcune tracce dell'alta velocità per prevedere un treno che da Reggio Calabria arrivi in 4 ore a Roma ad infrastrutture invariate.

In sostanza la previsione di interventi per l'alta velocità o almeno di reale velocizzazione della rete ferroviaria oltre Salerno non sono minimamente pensati ne' codificati a nessun livello di programmazione. Esiste un Mezzogiorno che finisce a Battipaglia e in futuro sarà esteso a Bari e il resto del Mezzogiorno, in una sorta di Italia a due, ma forse anche a tre velocità. Quello che emerge da questi dati è un gap infrastrutturale che in ultima analisi è una delle più importanti cause del ritardo di sviluppo delle regioni meridionali. Se le politiche non riusciranno a incidere su questo aspetto, e negli ultimi trent’anni a dispetto di tante politiche per il Sud, il divario è cresciuto il Mezzogiorno è condannato a diventare sempre più marginale.

Ma la risposta non può essere quella delle cd. Grandi Opere, che sono state un fallimento dal punto di vista della realizzazione (vedi il caso della Salerno-Reggio Calabria o del Ponte sullo Stretto), quanto piuttosto di una politica infrastrutturale che miri a rafforzare le reti, a migliorare l’accessibilità è da subito a potenziare i servizi. Queste azioni mancano e manca anche la programmazione per aumentare la dotazione di infrastrutture population serving, infrastrutture cioè che servono bisogni reali dei cittadini. Ci attendiamo che il rinnovato impegno del Governo Nazionale nei confronti del Mezzogiorno e della Calabria dia una risposta concreta in questo senso, vincendo tanta facile retorica antimeridionalista che permea tanti salotti, purtroppo ormai non più di matrice esclusivamente leghista.

 

 

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