Edilizia scolastica L'ex sindaco f.f. Demetrio Naccari rivendica il lavoro svolto in passato

Poche risorse e tanto impegno

«E nell'ultimo Piano triennale abbiamo destinato diciannove milioni di euro»

Gazzetta del Sud - Reggio Calabria, 17.11.2002

Non è vero che le precedenti amministrazioni hanno trascurato l'edilizia scolastica. Lo sostiene Demetrio Naccari, vicesindaco nelle ultime due giunte Falcomatà e sindaco facente funzioni nel periodo della malattia di Italo.

Le condizioni dell'edilizia scolastica sono precarie. Il centrodestra è appena arrivato al governo della città e praticamente si chiama fuori. Cosa è stato fatto in questi anni?

«Sono note a tutti le carenze nazionali in questo settore e, come si sa, prima della tragedia di San Giuliano, nella Finanziaria non era stata prevista alcuna risorsa per farvi fronte. I Comuni in questi anni hanno dovuto provvedere con proprie risorse. Dal 1994, data in cui Falcomatà assunse la carica di sindaco, e nonostante una situazione di bilancio assolutamente deficitaria (si ricordino i 110 miliardi debiti ereditati), si decise di investire risorse importanti».

Proviamo a quantificare?

«Circa quindici miliardi nei primi quattro anni e diciannove nei successivi quattro, senza considerare l'Iva al venti per cento, cercando di fare fronte alle esigenze enormi, interventi manutentivi e di messa a norma di qualcosa come ottantasette edifici scolastici distribuiti in un territorio vastissimo. Come sempre accade in Italia, si fanno buone leggi, ad esempio quella sulla sicurezza, e non si prevedono i fondi per applicarle. Con la conseguenze che le province economicamente deboli come la nostra segnano il passo».

Ma quale fu, con le poche somme disponibili nel bilancio, la programmazione degli interventi?

«Il sindaco Falcomatà cercò di dare le risposte possibili a seconda del grado di emergenza dei singoli istituti. Ricordiamo che le nostre sono costruzioni antisismiche e che quando parliamo di sicurezza non parliamo della stabilità degli edifici. Si decise anche di prevedere la realizzazione di nuove scuole, come quelle già consegnate di Arghillà, Gallico Marina, San Giovanni di Pellaro, o quelle in completamento (Terreti, Sant'Elia e Armo) o in fase di progettazione o di appalto come Gallina, San Sperato, Catona e Cannavò».

Il dato che balza subito in evidenza è che quasi tutti i nuovi interventi hanno interessato la periferia. Una scelta necessitata o voluta?

«Le tante periferie della città per noi sono sempre state una frontiera su cui cimentarsi. Non esistono solo oggi come idea di marketing elettorale e tutti i piani delle opere pubbliche di questi anni dimostrano il nostro sforzo per dare risposte ai territori. Il vero problema è invece rappresentato dai decenni di abbandono precedente, dovuto a vari fattori, non ultimo una carenza storica di fondi finanziari».

Nell'ultimo Piano triennale della vostra amministrazione cosa avete previsto?

«Non abbiamo aspettato San Giuliano. Coscienti delle esigenze, abbiamo predisposto un investimento complessivo nell'edilizia scolastica di 37 miliardi di ex lire. Un intervento massiccio che è nato da un censimento effettuato scuola per scuola, in un rapporto più partecipato con gli operatori, e che consente oggi al sindaco Scopelliti di farsi il bello dichiarando di possedere un progetto redatto dagli altri».

Ma i fitti non sono sempre costati tanto alla comunità?

«Certo. È proprio per questo che negli ultimi anni abbiamo drasticamente ridotto queste spese, per arrivare all'ultimo provvedimento che, mediante l'intervento in un'ala dell'ex facoltà di Agraria, consente di allocarvi una scuola che prima era alloggiata in locali privati non idonei. Mi fa piacere che in questo, dopo i primi tentennamenti, l'amministrazione attuale abbia ritenuto di non tornare indietro, inserendosi sul solco già tracciato della riduzione dei fitti. Peraltro, da assessore agli Affari generali, ho personalmente tagliato fitti per circa tre miliardi l'anno per i servizi giudiziari. È stata quindi per noi una linea di principio e di buona amministrazione».

Però, con quello che è stato speso per la manutenzione, non si potevano progettare altri edifici?

«Di sicuro non si potevano abbandonare quelli esistenti, né si poteva decidere di non far frequentare le scuole a una generazione. Alcuni dei nostri edifici sono “secolari”. E poi Italo ha sempre sostenuto che realizzare un quartiere dedicato alle scuole avrebbe privato la città dell'equilibrio sociale e della vivacità che sono riscontrabili laddove le scuole sono disseminate nel territorio. Altre città sembrano morte e sono popolate solo di anziani nel loro centro urbano perché hanno realizzato un polo scolastico direzionale. Secondo Italo ne perdeva la dimensione di ricchezza e coesione generazionale e sociale. Altro discorso è quello della qualità degli interventi manutentivi, ma su questo come tutti sanno abbiamo avviato la riforma dei servizi che darà grandi frutti nei prossimi anni».

Quindi, guardando indietro, lei non vede limiti e pecche?

«Io credo che i reggini siano consapevoli del fatto che non si fanno matrimoni con i fichi secchi. Negli anni delle giunte Falcomatà abbiamo dovuto affrontare immani problemi e diverse emergenze. Se qualcuno pensava di far diventare Reggio Montecarlo in otto anni si sarebbe dovuto fare avanti. Noi abbiamo la coscienza, pur in quelle ristrettezze, che oggi non ci sono, di avere operato scelte utili. Confidiamo nel progresso ulteriore della città».

 

RC 17 11 2002

Pubblicato il 28/02/2005

 

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