Il federalismo indeterminato. Diritti nazionali o diritti geografici?
Recensione di S. Misiani - ottobre 2010
Redazione
Questa recensione è stata pubblicata sul sito dell'ANIMI - Associazione Nazionale Interessi del Mezzogiorno - è può essere consultata a [questo] indirizzo.
Sono apparsi di recente numerosi scritti sul tema del federalismo fiscale in vista del varo della legge in discussione al Parlamento; concentrandosi la discussione sul provvedimento del federalismo fiscale, che costituisce uno spartiacque con implicazioni diverse nel Nord e nel Sud.
Su questo argomento si segnala l’uscita del volume di Demetrio Naccari Carlizzi esponente di una nuova ed attiva classe dirigente della Calabria, regione simbolo del Mezzogiorno, partecipe al cambiamento in corso. Naccari è stato l’assessore regionale al Bilancio nella passata Giunta, il suo ragionamento inizia dall’esperienza concreta di una realtà amministrativa complessa e difficile, e giunge a giudizi validi su un piano generale. È favorevole ad una riforma federalista, ma è contrario alle tesi nordiste ed anti-meridionali della Bozza Calderoli; ripropone in termini aggiornati il pensiero del federalismo meridionalista di Gaetano Salvemini e Luigi Sturzo. Il federalismo, scrive l’autore, può consentire di aumentare il grado di responsabilità delle classi dirigenti del Mezzogiorno, a patto che tenga in adeguata considerazione le condizioni di divario regionale esistenti nel Paese, viceversa rischia di portare ad un aumento del grado di dipendenza del Sud agli interessi del Nord. Diciamo subito che c’è un evidente scarto tra la ricchezza degli argomenti qui proposti e la scarsa attenzione a questi temi nel dibattito politico.
Naccari approfondisce il nesso tra federalismo e democrazia, a partire dallo studio del pensiero dei padri del federalismo fiscale americano. Sposta il dibattito da una generica contrapposizione ideologica tra Nord e Sud basata sul richiamo a categorie irrazionali, ad una valutazione delle implicazioni del sistema da un punto di vista economico e sociale. Suggerisce di abbandonare il concetto astratto di nazione e pone la necessità di dare risposte normative diverse alle realtà diverse, adattando il federalismo alle linee geografiche di crescita dell’Italia. Fonda la sua analisi sulla più avanzata letteratura economica internazionale in tema di sviluppo. Propone di passare da un concetto astratto e formale di diritto di cittadinanza alla necessità di garantire a tutti il diritto di accesso alle risorse. È possibile cogliere il recupero dell’impostazione delle prime ricerche della Svimez degli anni Cinquanta. Fonda su solide basi il suo ragionamento politico, evidenziando le contraddizioni e gli elementi di provincialismo del dibattito politico italiano.
Giustamente Naccari prende le mosse del suo ragionamento dall’analisi dei modelli di sistemi di federalismo fiscale a cui anche l’Italia si ispira, come in particolare quello della Germania o degli Stati Uniti. È molto interessante l’esame del pensiero dell’economista e politologo statunitense Richiard Musgrave, l’autore dell’idea di “costo standard”, il cui significato è stato piegato in Italia dalla cultura nordista come mezzo di difesa degli interessi regionali, mentre nella versione originaria aveva come obiettivo di aumentare il livello di coesione sociale misurata su base geografica. Dice giustamente Naccari che «Il federalismo sarà una riforma utile al Paese, se ben declinato e accompagnato da politiche adeguate» bisogna passare da un idea di “federalismo competivo” ad un modello di “federalismo responsabile”, capace di assolvere all’obbiettivo di equità distributiva. Il principio del costo standard di Musgrave può essere uno strumento adatto a combattere le degenerazioni di un sistema sorto intorno alla spesa pubblica, la intermediazione impropria della politica e la distorsione dei mercati dovuta alla criminalità, a condizione che venga applicato correttamente. Basta far ricorso a semplici simulazioni o alla teoria dei giochi per comprendere a quali effetti avrebbe la bozza di federalismo, attualmente in discussione, sul sistema-Paese. In queste circostanze le classi dirigenti meridionali, come dice anche l’autore con una certa dose ottimismo, hanno l’opportunità di fare pesare nel dibattito pubblico sul federalismo una prospettiva meridionalista, rinunciando sia ad una posizione di chiusura preconcetta e conservatrice e sia anche, al contrario, di apertura acritica e passiva.
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