Francesco Rutelli

Riflessioni sul PD e il Coraggio di cambiare

Le dimissioni di Veltroni sono un colpo durissimo al progetto del PD. Lo avevamo scelto e sostenuto per far nascere un partito nuovo, non per mediare tra sensibilità divergenti, poiché avevamo creduto nel suo profilo politico-culturale e sperato nella sua capacità di guida. Una questione è infatti ineludibile, nella politica contemporanea: senza leadership, non esistono progetti politici. E il fallimento di una leadership può vanificare il più ambizioso dei progetti politici.

Troppe analisi di questi giorni ignorano parti decisive della storia italiana dei quindici anni del sistema maggioritario, e sorvolano su alcuni fondamentali. Il PD non è uno sviluppo delle vicende della sinistra italiana. E' un partito nuovo, oppure finisce per essere una stanca e lacerata riedizione del PCI-PDS-DS. Il pluralismo nel PD non è una concessione alle "posizioni non prevalenti", ma l'incessante costruzione di un pensiero e di una politica rappresentative di una visione democratica e riformatrice. Chi di noi ha partecipato al centrosinistra di questi anni, chi lo ha portato a grandi vittorie (sino alla conquista, non più tardi di tre anni fa, della schiacciante maggioranza dei Comuni, delle province, delle Regioni italiane) ed ha conosciuto due vittorie e tre pesanti sconfitte contro l'identico avversario Berlusconi deve dimostrare di aver capito quello che è accaduto, e non deve inventare scuse, né infilarsi in mondi virtuali.

Il PD è nato nella consapevolezza che le tradizioni nobili della sinistra italiana appartengono al XX secolo, alla sua storia, ai suoi drammi, alle sue conquiste. Chi vi ha partecipato si riconosce ben legittimamente in quella storia, ma la pretesa di imporla alla società italiana del XXI secolo è impossibile. Il centrosinistra in questi 15 anni di bipolarismo ha avuto una classe dirigente ed amministratori nettamente migliori; troppe conflittualità ereditate dalla storia della sinistra italiana; un'articolazione interna eccessiva (propria degli spiriti critici che ne nutrono le migliori tradizioni, anche quelle liberali e laiche, cattoliche democratiche, riformiste ed ecologiste); ha subito costantemente l'agenda setting e la leadership totalizzante di Berlusconi.
Il PD è nato per voltare pagina rispetto a questa situazione. L'abbandono di Veltroni è di incalcolabile gravità perché evidenzia la mancata riuscita, finora, del nuovo cammino dei democratici italiani. Abbiamo cento giorni per restituire un futuro a questo progetto.

Scrivo queste pagine per cercare di mettere in ordine alcuni punti-chiave. Ho avuto importanti responsabilità; sono orgoglioso di avere guidato per sei anni la Margherita, con convergenza unanime su una politica originale che è sempre stata premiata da risultati elettorali a due cifre, sino alla decisione di conferire questo patrimonio al PD.
Anche oggi, come dall'estate 2007, non intendo candidarmi a responsabilità di gestione politica e non intendo rinunciare alle mie idee. Penso sia necessario ed utile combattere radicalizzazioni, estremismi, giustizialismi, minoritarismi, un consumismo politicante senza principi e senza prospettive. So di avere sostenitori ed avversari, come in tutta la mia vita. Con i primi spero di condividere la strada davanti a noi, con i secondi ci confronteremo.

In Italia il centro-destra ha conquistato la maggioranza dei consensi. Una maggioranza relativa, con evidenti differenze interne, ma con una solida base sociale. E’ il prodotto della battaglia politica degli ultimi 15 anni, che la coalizione guidata da Berlusconi iniziò da posizioni nettamente minoritarie.
Ciascuno di noi, con le forze e le idee che ha, deve contribuire a far emergere una nuova maggioranza democratica in Italia.

Per riuscirvi, occorre il coraggio di dire la verità: se il centrosinistra è oggi minoranza, la colpa non è degli italiani, ma dei limiti chiari di innovazione, progettualità, comunicazione ed organizzazione che le macchinose coalizioni di centrosinistra hanno dimostrato. Le convenienze elettorali non hanno portato lontano: si sono tradotte nell’insuperabile difficoltà a governare.
Occorre definire una precisa strategia: come rimettere il Paese nella giusta direzione, uscire dalla crisi ed entrare in un ciclo di sviluppo; creare fiducia nelle persone, le famiglie, le imprese per un lavoro migliore e servizi migliori; restituire speranza in una buona politica.
Occorre agire efficacemente: la battaglia politica si vince spesso partendo da posizioni di minoranza; con idee, continuità, partecipazione popolare, trasparenza, organizzazione.

Il PD ha avuto un buon inizio: le primarie che hanno legittimato largamente la leadership di Walter Veltroni, la campagna elettorale avviata con un profilo riformatore, il rifiuto della sterile rissa con la Destra, la volontà di scegliere gli alleati sulla base di accordi precisi. Il seguito è stato negativo: le difficoltà economiche e sociali mordono i ceti popolari, ma nessuna proposta ha mosso un interesse diffuso o è stata messa nell’agenda del Paese; il rapporto con l’unico alleato è più che mai conflittuale e irrisolto; il rapporto col Governo ha oscillato in modo inconcludente tra dialogo politico-istituzionale e scontro del più vecchio stampo. Risultato: una diffusa disaffezione dell’elettorato di centrosinistra - non compensata dalle disponibilità al "voto utile" di elettori della ex-Sinistra Arcobaleno in crisi - e un allontanamento sensibile di elettori di impronta moderata.

Molti italiani pensano che il PD sia "né carne né pesce" e non manifesti una propria identità.
MA C’E’ UN SOLO MODO PER DEFINIRE L’IDENTITA’ DEL PD. Non come bricolage delle culture politiche di provenienza. Non con un posizionamento ideologico fuori tempo. Non con un dibattito di soli principi, o, meno ancora, teorico, o accademico.

L’identità del PD, un partito nuovo, si afferma solo definendo le sue missioni, con la battaglia politica. Lo si deve fare adesso. C'è un terreno preciso su cui farlo: quello dell'economia e delle conseguenze sociali della crisi. E' una crisi di dimensioni enormi, rispetto alla quale il Governo italiano è stato il più immobile tra quelli delle nazioni sviluppate. E' una crisi che nasce da un mondo di certezze sbagliate, con il crollo del castello di carte della finanza facile e che suscita milioni di disoccupati e la distruzione di moltissime imprese. Il PD non è stato abbastanza incisivo. Mentre esplodeva la crisi finanziaria, si è baloccato per mesi con una assurda "petizione Salva l'Italia" priva di contenuti. Poi, ha seguito agende estemporanee del giorno per giorno (dal referendum sulla legge Gelmini all'ipotesi di referendum sul testamento biologico); ora che ha iniziato a formulare una proposta, per quanto insufficiente, Veltroni si è dimesso. Penso che nei prossimi cento giorni il PD debba occuparsi fondamentalmente di mobilitarsi al fianco di chi lavora e crea ricchezza. Il pane quotidiano della politica - impastato sull'economia sociale di mercato, sulle regole e la concorrenza liberali - sarà anche il terreno su cui formare concretamente l'identità smarrita del PD.

La crisi economica, infatti, fornisce una straordinaria occasione: è una crisi democratica, sancita dalla pubblicizzazione delle perdite provocate da speculazioni finanziarie sregolate e non vigilate. Esse hanno sviluppato grandi ricchezze nel sistema finanziario ma non hanno fatto scattare la sanzione liberale: gli speculatori sono diventati di fatto agenti pubblici; le spese le pagano i contribuenti e tutta l’economia mondiale. Se lo Stato Regolatore si era addormentato, il sistema finanziario fuori controllo - a partire dagli Stati Uniti, con l’illusione di reggere la crescita del doppio deficit stampando sempre più moneta - ha fatto risvegliare di colpo lo Stato Interventista. Poiché il mercato liberale è la soluzione migliore che abbiamo – ma non ha sempre ragione – la politica democratica ha l’occasione storica di definire sé stessa definendo le necessarie regole nuove: che non comprimano la libertà d’intrapresa (con gli indispensabili strumenti finanziari) che crea ricchezza e riduce la povertà, senza che diventi creatrice di estreme disuguaglianze ed insicurezze. Deve organizzare la rete di protezione dalle incertezze non compensate dalle opportunità.

La crisi economica porta con sé, in Italia, anche un’occasione politica, poiché non ci sarà vento benigno a gonfiare le vele della maggioranza. Sarebbe il colmo se una maggioranza di italiani abboccasse agli slogan "anti-mercatisti" di parte della Destra e continuasse a diffidare di un’opposizione presentata come matrimonio tra finanzieri opachi e sindacalisti conservatori! Ancora peggio, se la scontentezza sociale e politica rispetto alle fiacche e inadeguate strategie economiche del governo si trasformasse in una sfiducia generalizzata, senza che il PD si mostri credibile nell'orientare motivazioni e proposte alternative.


Un partito che nasce sa bene di dover scontentare: nuotando anche controcorrente, sorprendere con idee e progetti all’inizio non universalmente condivisi. Il suo leader avrebbe dovuto guidare, organizzare, imporsi; senza leadership, oggi non c'è competizione democratica.
Pronunciare chiari SI e NO. "Non si può solo dire no", ha ribadito il Presidente Giorgio Napolitano. Per l’opposizione può essere una prova di forza esprimere ad alta voce dei SI alle scelte del governo in carica, accanto a tutti i NO che vengano accompagnati con indicazioni e proposte alternative.
Lo spazio della convergenza dei democratici italiani, del resto, è molto concreto. Noi non abbiamo fondato il PD per mettere in campo una minoranza capace di riunire solo parte di ciò che esisteva ieri, ma un partito nuovo, per costruire la maggioranza democratica di domani.

Il Partito Democratico è nato per promuovere più libertà, più responsabilità, più dignità della persona umana.
Assume per sé il senso contemporaneo della parola liberale: combattere statalismo e populismo; affermare regole serie per limitare i plurimi conflitti di interesse e garantire distinzione ed equilibrio tra i poteri.
Riconosce e sviluppa il valore sociale del modello europeo: distribuire servizi moderni e dignitosi per tutti – più che "redistribuire" ricchezza – e sbloccare incessantemente gli ingranaggi dell’ascensore sociale. Ha per l’Italia – sempre più indebolita da frazionismi e particolarismi – un progetto nazionale, pienamente compatibile con l’autonomismo costruito su ricchezza e diversità delle città e dei territori; nulla da inventare, peraltro, rispetto a quell’idea di unità e molteplicità che per secoli aveva già mosso, da Dante ad Alessandro Manzoni, gli Italiani senza Italia. Sa riconquistare l’onore del servizio pubblico colpito da errori gravi e dal ritardo delle riforme necessarie, oltre che da campagne strumentali a ben precisi interessi.

Con questo profilo il PD sa di poter conquistare il centro dello schieramento. Ciò significa riconquistare molti voti dal centro-destra. Ci vorrà del tempo. Si tratta di realizzare alleanze di nuovo conio, ovvero nuove convergenze riformatrici ed affidabili: il progetto di buongoverno che l’Italia chiede.
Chi è di destra, lo rimarrà. Ma ci sono milioni di italiani cui far scoprire che non lo sono, poiché votano a destra soprattutto contro una vecchia sinistra conservatrice e amante della complicazione; è urgente impegnarsi perché tanti moderati in più non vengano spinti nelle braccia del centro-destra.
Il PD è nato per prevalere sulla Destra attraverso un’incessante capacità di riforma. Combattere il virus del populismo ed educare contro il plebiscitarismo, ovvero l’arte degli istinti facili vs le soluzioni difficili, ma necessarie. Uscire dagli slogan dell’intolleranza – in alcuni casi, apertamente razzisti – su cui molti, a destra, hanno speculato per ricavare fortune elettorali. Ma contrastare l’irresponsabilità di sinistre che, dopo un episodio di violenza anti-immigrati, si radunano sotto lo slogan "siamo tutti clandestini". No: capacità riformatrice significa combattere senza ambiguità e alla radice il razzismo; organizzare e finanziare attraverso gli enti territoriali le difficili politiche di integrazione; attrezzare una grande capacità pubblica – con forze di polizia specializzate e coordinate – di contrasto delle illegalità che rischiano di sfibrare il senso di cittadinanza nel nostro Paese. Se in Cina si registrano in questi mesi di crisi migrazioni interne di ritorno che coinvolgono decine di milioni di persone, ci rendiamo conto dell’impossibilità di affrontare la rapidità e mutevolezza delle dinamiche migratorie illegali con i manifesti della propaganda politica. I democratici italiani sono coloro che non ne possono più degli slogan della chiacchiera autoritaria (che manda in profondità i suoi veleni) ma, non meno, della chiacchiera dell’accoglienza velleitaria, di un multiculturalismo astratto.

Sedici mesi di vita del PD sono andati perduti irrimediabilmente senza che fossero messi in campo progetti riformatori solidi. Ci sono cento giorni, prima di un’importante tornata elettorale, per salvare l’idea, la speranza e la forza del PD. Si può riuscire solo con la proposta e l’azione politica. Suggerisco di innalzare tre bandiere, con le quali condurre un'iniziativa compatta e aggressiva da qui alle elezioni.

° ECONOMIA.
Affrontare la crisi, che porterà vasti cambiamenti. Il Governo non ha una strategia: occorrono misure sostanziose, e la difesa di una dignitosa occupazione. Unire garanzie per chi perde il lavoro, anche precario (ammortizzatori sociali), e misure strutturali anticicliche: tagliare le tasse sul lavoro (impegno incompiuto del Governo Prodi).
Un programma di radicale sostegno per le piccole e medie imprese, basato sulla semplificazione amministrativa e burocratica, l’accompagnamento nei territori per l’accesso al credito, l’istituzione del garante – "mister credito" - sul modello francese.
Rafforzare le misure per le famiglie e i ceti medi: con la crisi si fa ancora più rigido l’inverno demografico ed occorrono più servizi e incentivi per chi fa figli; molti scivolano verso la povertà, e va subito rafforzata la quattordicesima per le pensioni basse.
Ritrovare il coraggio delle riforme senza spesa che fanno risparmiare e danno efficienza: partiamo dalle liberalizzazioni nei servizi locali. Aggredire il problema-casa con la cedolare secca del 20% sugli affitti: in breve tempo si ripagherà con maggiori entrate e darà risposte immediate a centinaia di migliaia di famiglie, soprattutto giovani coppie, in cerca di alloggio.
Questo programma anti-crisi si può realizzare, come ha proposto il PD, con un punto di PIL nel 2009. Può essere l’oggetto di una grande, concreta, convincente mobilitazione popolare nel Paese.

° SICUREZZA E GIUSTIZIA.
Non ci sarà mai recupero di consensi maggioritari senza essere credibili sulla sicurezza. Oggi non lo siamo ancora, mentre la destra prospera sulle paure; ma, fatti alla mano, agita la comunicazione e peggiora la situazione. Per noi contano la difesa della sicurezza delle persone, l’efficienza delle forze dell’ordine, la certezza della pena, l'avvento di una giustizia indipendente e rapida, non inefficiente né arbitraria per mancanza di professionalità e rispetto delle garanzie, il contrasto della crescita economico-finanziaria delle mafie. Tema-simbolo: il contrasto della criminalità che traffica in esseri umani.

° CLIMA E AMBIENTE
Un minoritarismo predicatorio ha reso assai meno popolare l’ambientalismo; una goffa campagna anti-scientifica di destra sostiene che fa più fresco e dunque non ci sarebbero mutamenti climatici antropogenici all’orizzonte. Alzare la bandiera verde non significa annunciare rivoluzioni domani e più burocrazia subito, ma mettere in campo piani precisi e immediati. Il PD governa migliaia di amministrazioni, potrebbe realizzare un'alleanza con le imprese e i cittadini per far crescere dal basso il messaggio innovativo che già sta cercando di proporre l'amministrazione Obama: per la sicurezza energetica, l’innovazione tecnologica, trasporti più efficienti, edifici più moderni, profonde trasformazioni urbane. Il programma europeo clima-energia è rivolto a guidare una strategia irrinunciabile di protezione degli equilibri ambientali globali (ma anche ad incalzare il dumping ecologico, nel lavoro minorile e nei diritti fondamentali in Cina e altri paesi emergenti). Il PD deve fare meno conferenze, e mostrare più installazioni e progetti che aprano gli occhi al futuro.

"Alzare le bandiere" del ritorno alla crescita economica, della sicurezza e dell’ambiente significa decidere alcune priorità e perseguirle. E’ sbagliato disperdersi in troppi rivoli: si finisce all’inseguimento degli stimoli della cronaca quotidiana e al rimorchio dell’agenda del governo.
Poiché naviga in un mare mosso (e affollato), la politica deve comunque esprimersi con chiarezza su molte questioni. Esistono alcuni temi su cui il PD non potrà essere reticente, ma innovatore.

• recupero dell’efficacia di governo e di una trasparente etica del servizio pubblico. Tanto più di fronte alla crisi economica che si accompagna ad una crescente diffidenza verso la politica: i politici debbono essere sempre interpellabili sul proprio tenore di vita; va tagliato il rapporto tra politica e gestione nei sistemi territoriali; va tagliato entro i prossimi 18 mesi un terzo dei parlamentari e dei consiglieri regionali. Duemila legislatori sono troppi.

• il federalismo in Italia c’è già; ne vanno snellite e chiarite le competenze e ridotti drasticamente i centri di spesa. I Comuni debbono avere più autonomia, e i piani delle opere pubbliche debbono mirare prioritariamente ad infrastrutturare le aree urbane. Una maggiore e giusta responsabilizzazione competitiva dei territori può non penalizzare il Sud a condizione che lo Stato dia vita a un programma decennale di infrastrutture essenziali, da realizzare con procedure e controlli accentrati per contrastare la criminalità organizzata, e un progetto di formazione strategica del personale tecnico-scientifico e amministrativo.

• tra le cose da cambiare per il PD, c’è una correzione profonda delle politiche conservatrici che hanno prevalso per la scuola e l’Università: oggi sono energie inaccettabilmente umiliate nel giudizio del paese. La determinazione a realizzare reali, robusti incrementi di risorse (con le connesse riforme organizzative) per la cultura, la creatività, la ricerca. La ricostruzione di un rapporto di fiducia con le forze innovative delle professioni.

• si impone un’emergenza tanto silenziosa quanto devastante: tra il 40 e il 50% dei nostri ragazzi fa stabilmente uso di alcool, droghe, sostanze chimiche. Questo è all’origine di un numero enorme di incidenti e di morti; si tradurrà in una tragedia sociale nel giro di alcuni anni, con una generazione dalla salute compromessa, con conseguenze socio-sanitarie che stiamo scegliendo di ignorare. Non aspettiamo che sia la Destra ad occuparsi di un tema così pervasivo, e tuttavia trascurato dai poteri pubblici per ipocrisia o ignoranza.

• la laicità repubblicana – il distinguere "ciò che è di Cesare da ciò che è di Dio" – è un fondamento imprescindibile, e comporta la più grande libertà di giudizio anche verso le organizzazioni religiose. E’ però parte integrante di un moderno approccio laico il contrasto delle subculture che manifestano fastidio verso i credenti. L'errore di una parte importante del PD non è stato certo nel voler migliorare le condizioni e la dignità delle coppie di fatto, o promuovere una buona legge sul "fine vita". Chiunque, ovviamente, può pronunciarsi a favore dei matrimoni gay o anche per l'eutanasia, in un paese libero; ma non è certamente questo il terreno su cui affermare una "vocazione maggioritaria" in Italia. A proposito dei rapporti tra politica e religione, infine, ho già avuto modo di ricordare quel che Barack Obama ha detto chiaro: "ha torto chi chiede ai credenti di appendere la loro religione all’uscio prima di presentarsi sulla pubblica piazza". Ha detto il giusto, ed ha riconquistato ai democratici la maggioranza di chi pratica una religione negli Stati Uniti.

• la tensione sull’approdo nel Parlamento Europeo è stata sproporzionata, perché l'assoluta novità del PD non può che definirsi in una novità di rapporti con le diverse forze: socialiste, liberali, democratico-riformiste. E' deprimente, peraltro, che in più di un anno non sia stata presa alcuna iniziativa per proporre questa rilevante novità a tutte le forze che sono insoddisfatte, quanto lo siamo noi, dei raggruppamenti internazionali ereditati dal XX Secolo. Qualunque forma di ingresso nell’orbita socialista – storicamente importante, ma oggi in crisi - sarebbe frutto di inerzia politica, e non accrescerebbe i consensi. E’ invece decisivo caratterizzare il PD come il più coraggioso partito europeista sulla scena continentale, ora che il modello sociale europeo e l’euro vengono riconosciuti come le risposte più avanzate nella sfida incessante della globalizzazione: ed è proprio questo il momento di accelerare l’integrazione con chi la condivide, non di rifluire verso schemi nazionali inadeguati, o di accettare la lentezza paralizzante dei vagoni di coda euroscettici. Vanno lanciate prima delle elezioni candidature di massima autorevolezza, europeiste e democratiche, per la guida del Parlamento e della Commissione.
A livello internazionale, è non meno urgente concorrere a riunire su obiettivi comuni – pragmatici, non generici - le centinaia di partiti democratici del mondo che non nutrono più interesse nelle vecchie e stanche aggregazioni. Se è lecito attendersi novità importanti dal successo dei Democratici USA, il PD – partito nuovo - deve avere il coraggio di onorare con coerenza il senso della propria fondazione, aprire una strada nuova.

Se si vuole coinvolgere e motivare nuovi elettori, recuperare tanti che hanno votato dall’altra parte, occorre un PD fresco, equilibrato, contrario al settarismo e alle radicalizzazioni. Subire le offensive di minoritarismo e giustizialismo altera l'identità riformatrice del PD, sposta la sinistra conservatrice verso i giustizialisti (o le astensioni), non fa recuperare voti dal centrodestra, fa perdere voti moderati. La maggioranza del popolo italiano è preoccupata per lo sgretolamento del paese, ricerca il buonsenso, si aspetta anche dall'opposizione momenti di convergenza per il bene della comunità nazionale. Un'opposizione moderna, ferma e creativa è l'unica alternativa alle certezze sognate nel grembo di Berlusconi.

La straordinaria velocità dei cicli e dei mutamenti nel mondo globalizzato costituisce un privilegio senza precedenti: in una generazione, vediamo scorrere trasformazioni che fino al secolo scorso avrebbero impegnato centinaia di anni. Ma questo privilegio porta con sé rischi, paure, e induce in molte persone una singolare miscela: di molte maggiori conoscenze e di nuovi timori. Nella Rete, ci sono forme sempre più diffuse e sofisticate di partecipazione al dibattito pubblico; e in Italia si conferma altissimo il livello di mobilitazione dei cittadini nelle elezioni, come anche in manifestazioni popolari e nelle votazioni Primarie. Crisi e delusioni, di conseguenza, si traducono velocemente in espressioni consapevoli di astensionismo; che si dimostrano però sempre reversibili, se la politica sa dare risposte adeguate.
Si sbaglierebbe gravemente ad immaginare che la grande complessità delle risposte cui è chiamata la politica possa essere onorata da passanti: ovvero, da persone impreparate, da personaggi senza talento nominati dalle oligarchie partitiche – ossequienti, perché non eletti - senza titoli di competenza, né meriti, né capacità di rappresentanza, né efficace capacità di lavoro. Ecco le sfide che il PD deve vincere, se non vuole fallire: immettere nuove energie; assicurare la contendibilità delle leadership a ogni livello; promuovere il pluralismo interno; valorizzare e mai abbandonare le capacità degli amministratori del territorio, che sono la migliore risorsa disponibile (l’esempio del buon servizio pubblico va additato e premiato); aiutare a formarsi soprattutto i giovani, che non solo non trovano più l’inquadramento che un tempo era assicurato dalle ideologie, dalle strutture religiose, da grandi percorsi formativi istituzionali, ma rischiano di essere soli nella difficoltà di padroneggiare le crescenti, e talvolta soverchianti, complessità del tempo.

Chi non nuota nel mare protetto da una gabbia è più libero, ma corre più pericoli. Soprattutto, deve sapere dove andare. Questo è il compito della Politica. Se il PD saprà guidare questi processi, ce la farà e contribuirà a cambiare l’Italia. Altrimenti, rischia la più precoce delle estinzioni, come le specie che non riescono ad adattarsi al cambiamento del loro ambiente.
Nei prossimi cento giorni si gioca il futuro del PD.

 

 

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Commenti

  • Commento di Francesco Parisi

    Assemblea PD

    Da questo indirizzo: http://www.corriere.it/speciali/dirette/youdem/windows_DSL.shtml è possibile seguire la diretta youdem.tv sull'assemblea nazionale