Da Venditti a J-Ax, cosa non ha capito il Pd
Il Pd ha capito che è il futuro, inteso come negazione della speranza, il protagonista assente della narrazione?
Demetrio Naccari Carlizzi
Sono passati 40 anni da quando la canzone “Nata sotto il segno dei pesci” ha scalato le classifiche diventando un racconto ideale delle paure e dei bisogni di una generazione. Una generazione che, per dirla con Venditti, «aveva una famiglia che ti ra fuori dai guai e tutto quel che voglio-pensava è solamente amore»!
L’amore era in cima ai loro bisogni emotivi perché gli altri bisogni erano soddisfatti da una crescita che aveva allargato la base economica e sociale del Paese. Oggi J-Ax, cantore di una nuova generazione, intervistato di recente da Lilli Gruber, (che come il cavaliere inesistente di Calvino cerca di capire in un mondo che rifiuta di essere), ci ha detto (in Vorrei ma non posso, Senza pagare, Comunisti col rolex) che i giovani hanno oggi altri bisogni e questi sono purtroppo tanti e inevasi.
Attraverso un gioco di parole smonta luoghi comuni ormai da ridere che in assenza di altri simboli sarebbero ancora l’identità antistorica di una corrente di pensiero. Come un “Colombo alla scoperta… dell’American Express”. Non deve quindi stupire se per usare le sue parole «il socialismo reale è sempre più social e sempre meno sociale» (come il pc solo personale computer e non partito comunista).
Per i giovani risulta evidente che siamo in un’epoca in cui essi hanno poco, il tempo è rubato perciò come insegna J-Ax da «condividere ma non vivere, e loro compreranno un altro esame all’università in attesa che arrivi un’altra estate…». Il paradigma generazionale diventa quindi «Vorrei ma non posso»!
E allora la domanda sorge spontanea: il Pd ha capito che è il futuro, inteso come negazione della speranza, il protagonista assente della narrazione? Per i giovani non resta che la Dub, gesto con cui si scompare e ci si copre il viso.
In questi giorni cosa accade in Parlamento e cioè nel luogo deputato a parlare con atti e leggi ai bisogni del Paese? Tiene banco la nota di aggiornamento al Def (sempre che qualcuno fornisca penne e non matite, fogli di carta e non slide). In pratica il governo gialloverde sta caricando, come nelle partenze per le vacanze, sulle spalle delle nuove generazioni 100 miliardi di euro di debiti sostanzialmente per poche misure.
Anticipare la pensione di chi ha 62 anni, addirittura regalandogli perfino un saldo sul riscatto di laurea. Un mini reddito di cittadinanza top secret su cui si fa luce a poco a poco come in uno striptease informativo. E un vecchio condono, tanto vecchio da avere bisogno del vernissage di una nuova definizione: pace fiscale, con cui mantenere un’altra categoria di italiani, quella più furba e maramalda.
La Flat tax è già un ricordo sbiadito. Allora, viene in mente un’idea forse banale visto che sembra lontana a chi governa. Esistono i diritti delle nuove generazioni e di quelli che oggi hanno 40/50 anni. Quando l’Europa ci ha imposto il pareggio di
bilancio non era forse questo il tema? Mentre gli ultimi beneficiati del sistema retributivo vanno ora in pensione con i saldi, i giovani a causa anche della legge di Stabilità (gli aggettivi spacciati per sostantivi) che si annuncia, andranno in futuro in pensione a 70 anni, con un trattamento dimezzato e pagheranno il carico dei 100 miliardi di euro di costo della manovra!
Quando si raccoglieranno i cocci di questa manovra e sarà chiaro che il Bilancio non è determinato dai fabbisogni perché l’economia c’entra con la finitezza delle risorse, la crescita non è generata dalla demagogia e il Tesoro non è il pozzo di San Patrizio sarà ancora più chiaro che i bisogni che si volevano soddisfare saranno aumentati.
Le tre misure in preparazione sono quindi inefficaci e profondamente ingiuste proprio sul piano dell’equità intergenerazionale rispetto a quei giovani e a quelle categorie che invece avrebbero bisogno di un riequilibrio nei conti generazionali. Infatti con la modifica della Fornero si dimentica che chi va in pensione in questi anni ci va con una quota alta del retributivo mentre chi ha iniziato a lavorare percepirà una pensione contributiva e sta pagando un botto di riscatto.
Chi non lavora poi viene cancellato e spinto per sempre tra i poveri e gabbato con una promessa insostenibile di reddito sociale da un ministro che non ha mai lavorato. Un partito serio di opposizione (ammesso che qualcuno si renda conto di esserlo diventato) avrebbe il dovere di fare una battaglia per i giovani partendo dal tema della equità intergenerazionale e richiedendo a gran voce che le risorse veramente disponibili siano destinate a coprire i buchi pensionistici delle giovani///
generazioni.
Avrebbe il dovere e l’interesse di chiedere che le spese a deficit finanzino investimenti nella società digitale e nelle infrastrutture strategiche per ristrutturare il Paese di fronte ai tempi nuovi. Avrebbe l’interesse a chiedere di ridurre il costo del lavoro e il carico fiscale su chi produce e lavora.
Ed allo stesso modo cercherebbe di fare qualche conto territoriale, sapendo che le misure previste dal governo (anche i sostantivi che si travestono da verbi sono ingannevoli) hanno un impatto oltre che generazionale anche territoriale diverso per la diversa concentrazione dei redditi e delle imprese nel nostro Paese.
Chiaramente e per coerenza farebbe anche mea culpa per non aver fatto abbastanza e anzi per aver dato sostanziale contunuità alla cancellazione del Sud, silente e inarrestabile dal 1992. Dovrebbe farlo per non dovere aspettare la prossima canzone di J-Ax, Fedez e la Ferragni che come la Lega e il M5S prosperano litigando ma si fanno giustamente i fatti (elettorali) loro!
*Ex assessore regionale
pubblicato su il [CorriereDellaCalabria] il 9/10/2018
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